“Cronache di uno studente fuorisede” è, fra le altre cose, un esperimento narrativo. La scrittura non è lineare, le frasi sottolineate indicano i pensieri che mi son balenati in testa, quelle in grassetto sono relative alla mia parte razionale e quelle in corsivo alla mia parte emotiva. Il risultato potrebbe sembrare strano e un po’ schizofrenico. Beh, lo è.
Doverosa precisazione: Questi scritti sono stati inizialmente pubblicati su www.cheesusfried.com.
Negli ultimi mesi ho, però, deciso di creare un blog incentrato su esperimenti letterari e quindi continuerò qua questi racconti. Alla fine di ogni articolo metterò comunque il link originale della prima pubblicazione.
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PROLOGO: L’INIZIO
Scendo dall’aereo stanco, assonnato, distrutto e, Cristo, puzzo come un animale. Sono pronto a prendere la corriera e a raggiungere la stazione, poi camminata al B&B dove avevo prenotato e via, di corsa a letto.
Ci avrei messo altre 4 ore.
La giornata non è iniziata male: colazione presto, un abbraccio ai miei nonni e un viaggio per l’aeroporto. Missione: fare un sopralluogo a Padova, mia prossima meta studentesca, vedere qualche sistemazione ed esplorare la città. Insomma farsi un’idea della situazione.
Arrivo in aeroporto alle 9 e venti, saluto con un abbraccio i miei e loro mi guardano con occhi carichi di nostalgia, come se quel sopralluogo fosse già un effettivo trasferimento. Ci metto circa un’altra ora e mezza tra check-in e attesa per l’imbarco.
Finalmente ci siamo.
Entro in quest’ammasso di lamiera e bambini isterici e all’inizio del corridoio trovo ad accogliermi la hostess. Ha la faccia pimpante, capelli rossi lisci raccolti sulla testa e un’interessante fila di lentiggini sulle guance e il naso. La camicetta bianca è leggermente sgualcita e il foulard che è costretta a portare al collo le ha arrossato leggermente la pelle. Prende la mia carta d’imbarco la guarda e mi fa: “12B, deve andare di lì. In fondo.”
“Caspita, grazie. Non l’avrei mai detto. Rischiavo proprio di perdermi in questo corridoio numerato senza svolte di alcun tipo.” Penso fra me e me.
Mi siedo al mio posto, prendo l’MP3 che avevo nella tasca e cerco Le Quattro Stagioni di Vivaldi, pronto ad assaporarmi il viaggio.
Chiudo gli occhi, pronto a gustarmi l’Inverno e i suoi quartetti di archi perfetti.
Eccoli che arrivano.
Svuoto la mente e mi rannicchio nella poltrona. Come un torrente vedo scorrere mille pensieri, progetti, aspettative, paure e qualche fotogramma del porno visto la sera prima:
“Nuova specialistica di ingegneria, lasciare gli amici, comprare una bicicletta, finire l’immatricolazione, tetta, mercoledì degli studenti, spacciatori, spritz, culo sodo, dovrò prendere un lucchetto bello resistente, cazzo ho dimenticato il caricabatterie, Padova, trovare un alloggio, pompino, chiamare i miei quando arrivo, appuntamento domattina alle dieci, herpes vaginale, trovare altra gente, confrontarsi, merda ho un’erezione.”
Mentre questo flusso di coscienza mi balla allegramente in testa sento un qualcosa che mi urta.
Mi si siede accanto questo incredibile ammasso di grasso sudato. Un tizio alto e grosso che con una spallata, volontaria o meno (poteva anche essere un’onda di grasso mossa dall’inerzia) mi riporta alla realtà.
Proprio adesso che il mio vagare era arrivato ad un deep throat. Merda.
“Scufa” mi fa. Sputacchiando briciole di patatine alla cipolla.
“No, cazzo, fai pure, vuoi pure pulirti le dita sul giubbotto già che ci sei, maledetta cloaca ambulante? Ti pare che dovrei prendermela se un ciccione di 120 kili mi alita a fianco e mi pressa contro il finestrino? Che ne so magari vuoi pure un pompino, eh? Chiamo la hostess?” avrei voluto dirgli.
Chiudo gli occhi in una fessura, abbasso la mascella, sorrido: “Di niente”.
Mentre provo ad allontanarmi da lui avvicinandomi al finestrino lo sento: un tanfo di sudore incredibilmente acre, virulento. Come se fossi appena entrato in uno spogliatoio maschile di rugby alla fine degli allenamenti. Era il suo: era così denso, pesante e penetrante che lo aveva raggiunto in ritardo.
“Ma non dovrebbero impedire a questi sacchi di unto di entrare negli aerei?”
“Alle compagnie low cost non frega niente se hai una circonferenza che Vasco da Gama ci metterebbe due giorni a circumnavigare, basta che il culo entri nella poltrona.” gli risponde il mio emisfero sinistro.
Mi tappo il naso, osservo l’aereo che si riempie e aspetto il decollo controllando gli ultimi aggiornamenti di facebook.
“Ah, ma guarda un po’ ” mi dice in modo romantico la mia parte sensibile, l’emisfero destro. “la Luisa ha pubblicato un post sull’amore puro”.
“Ma chi? Quella pompinara?”
“Dai non dire così. Non è colpa sua se è stata lasciata a se stessa dai genitori. Ha solo perso la strada.”
“Eh, ma il cazzo sa sempre bene dove si trova.”
“Stronzo.”
“Ingenuo.”
Scorro ancora fra le notizie della home, la solita routine:
Studenti universitari che si lamentano della loro vita puntualmente taggati in foto da discoteca. Già visto.
Link sul complotto europeo e monetario. Ce l’ho.
Ennesima sparata sulla situazione politica. Ce l’ho.
Immancabile ironia sui risultati sportivi della sera prima. Ce l’ho.
Musicisti e dj che si avvolgono in un’aura di santità musicale che creano l’evento: “live at Sagra del Carciofo nostrano, start h: 8.30”. Ce l’ho.
Derpina che pubblica uno stato sul suo nuovo figlio… Cosa?!? Aspetta aspetta, un altro? Questa mi mancava.
“AH! Piccola succhiacazzi libidinosa!” Vediamo un po’…
Ad un certo punto sento un leggero bussare sulla spalla. Mi volto e vedo a una hostess bionda che non dorme da due giorni e vorrebbe mandare a fanculo ogni stronzo che si lamenta dei prezzi delle patatine. Si sforza di sorridermi e mi fa: “Scusi, ma stiamo per decollare, le dispiacerebbe spegnere il cellulare?”
“Proprio adesso che eravamo riusciti a capire chi è il padre del piccolo sgorbio?”
“Glielo dico che questa massa d’acciaio è una gabbia di Faraday? Che potrebbe anche colpirci un fulmine e al 99% ci rideremmo sopra? Eh? Glielo dico? Eh?”
“No”
“Si”
Basta. “Si certo, spengo subito.”
I motori rombano, il sedile trema in modo piacevole, la hostess mima pseudo misure di sicurezza nel caso di uno schianto a 800 Km all’ora contro una coll… “E’ un boeing 737.” – “Quindi?” – “Velocità di crociera di 950km/h. Nel caso di uno schianto vuol dire che sta precipitando e quindi circ-” – “Cristo, sta zitto”.
Dicevo, mi acquatto contro il finestrino e mentre mi godo il piacevole sbalzo di pressione al decollo vedo la piccola striscia di fango e rifiuti tossici che chiamo “la mia terra” che si allontana. Sorrido in modo affettuoso e appoggio la mano sul finestrino. Un sospiro e le mostro il medio.
“Ciao ciao stronza.”
Padova, sto arrivando.
Un sobbalzo violento mi sveglia. Siamo atterrati. Mentre l’applauso al pilota da parte dei passeggeri romba furioso inizio a mettere a posto la mia roba. Finisco di allacciarmi la giacca quando sento il PIN! che avverte i passeggeri che ci si può alzare. Un rumore assordante di centocinquanta persone che si alzano insieme si scatena. Chiunque si accalca su chiunque pur di essere il primo a prendere il bagaglio a mano e ad uscire dall’aereo.
“Perché?” Mi chiederete voi. Cazzoneso, ma sapete tutti che è così.
“Perché si” è l’unica risposta.
Attendo con calma che il corridoio si svuoti mentre tutto l’odio possibile e immaginabile viene vomitato indistintamente da anziani, ragazzi, mamme, signori d’affari e ciccioni sudati su chiunque altro. E’ nei cinque minuti che precedono l’uscita da un aereo che si può capire com’è una persona. Non da anni di amicizie e scambi di battute e idee. No no. È qua che ci si rivela.
Una ragazza sgattaiola fra la folla con il suo bagaglio e prima di uscire si volta verso le amiche: due di loro hanno difficoltà con la pesantezza della valigia e l’altra ha perso un orecchino. “Io scendo! Ci vediamo giù!”.
“Troia egoista”
Un signore distinto in giacca e cravatta pretende di dover stare in mezzo al corridoio senza che nessuno lo spinga o lo urti dando delle occhiatacce di rimprovero e sufficienza a chiunque.
“Cazzetto arrogante.”
La donna che qualche minuto prima rimproverava il marito per non essere paziente con il moccioso che piangeva a fianco ora spinge violentemente lo stesso bambino con la valigia e lo calpesterebbe a sangue pur di raggiungere prima l’uscita. “Ma levati dalle palle piccolo piagnone” suggerisce il suo sguardo.
“Frustrata repressa.”
Un altro uomo in polo viene continuamente urtato da chiunque mentre lui rimane lì, fermo e impassibile, con un sorriso leggermente accennato mentre la vena sulla tempia pulsa convulsamente.
“Probabile serial killer.”
Volete sposarvi? Avete delle aspettative riguardo una persona? Bene, prima di qualunque decisione prendete un aereo con lei.
“E noi allora? Che siamo qua seduti con calma a studiare, guardare e giudicare ‘sta gente? Noi chi saremmo?”
“Non è ovvio? Siamo il sale della terra”.
Finalmente arriva il momento: mi alzo prendo il bagaglio dallo scompartimento superiore ed esco dall’aereo. Faccio il biglietto per la corriera ed aspetto alla fermata fumandomi una sigaretta. Il giorno seguente avrei dovuto visitare le prime case per studenti per cui avevo preso appuntamento.
Non avevo la minima idea di ciò che avrei trovato.
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