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L’infedele – Gone Girl/L’amore bugiardo

Scritto da Noise

Noise presenta l’angolo dell’infedele.

Sono io, Noise, che consiglia film e libri.

L’infedele nasce dal detto del nuovo millennio “non è fedele al libro”.

Quindi ne L’infedele scriverò solo di film adattati dai libri.

Non vi parlerò di regia o montaggio, ma di come si intersecano queste opere nella mia quotidianità e di come colpiscono in entrambi i modi in cui vengono proposti.

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Questo nuovo appuntamento de L’infedele è dedicato alla coppia Gone Girl/Amore bugiardo e con questo titolo continua la serie di opere tristemente tradotte dall’inglese e che, in questo caso, fa pensare a uno di quegli Harmony da ombrellone. Il romanzo di Gillian Flynn è, invece, un’opera complessa e articolata sulle pagine di due diari in grado di raccontare sia la versione di Lui, Nick Dunne, che la versione di Lei, Amy Elliott Dunne. La storia attorno alla quale ruotano i personaggi è quello di un matrimonio che fallisce davanti alle telecamere nel momento in cui Lei scompare nel nulla.
All’apparenza il matrimonio è perfetto, ma quando l’attenzione di tutto il paese si focalizza sul caso ecco che vengono svelati gli scheletri nell’armadio.

Amy scompare, tutti pensano all’omicidio e le accuse principali vanno contro il marito. Nick, dalla sua, sa di essere innocente, di non avere alcuna colpa e la cosa si fa interessante quando comincia a fare lo stesso gioco della moglie.

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Sia sullo schermo che su carta assistiamo a un’evoluzione di entrambi i personaggi. Evoluzione che viene mostrata più che raccontata, nel senso che non ci si dilunga troppo su descrizioni e reazioni, ma rimane tutto incentrato sugli avvenimenti e su come i vari personaggi coinvolti nella vicenda reagiscano ad essi. Sì, perché i protagonisti sono due. La storia è quella di un matrimonio fallito, vivisezionato e ricucito mediaticamente dove entrambi i protagonisti trascinano nel loro vortice psicotico parenti, amici e logicamente, agenti di polizia. Solo David Fincher avrebbe potuto trasformare una materia così impegnativa in un’opera visivamente coinvolgente. Le riduzioni cinematografiche di grandi opere è, tra l’altro, uno dei punti forti del regista (Fight Club, Benjamin Button, Millenium) grazie anche ad un montaggio serrato che alterna stacchi marcati a riprese fluide e avvolgenti. Gillian Flynn non si è limitata a scrivere il romanzo, ma ha anche diretto la sceneggiatura, recidendo come un chirurgo esperto le parti in eccesso e lasciando allo spettatore solo il succo.

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Gli attori (visto il perfezionismo di Fincher) non sono adatti, di più. Ben Affleck è proprio come ci si immagina Nick Dunne (mento compreso) con un volto e un’espressvità che trasmette subito arroganza virile. Guardandolo si intuisce subito che appena succederà qualcosa di brutto reagirà nel peggior modo possibile. Rosamund Pike (che avevo già apprezzato ne La versione di Barney) qui è algida e bionda come una bellissima regina delle nevi.

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La vera furbata di Fincher è anche nella scelta del cast per i ruoli secondari. Non a caso la parte della “fregna” è affidata a Emily Ratajkowki.

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Mentre quella del “super figo” a Neil Patrick Harris. Potrebbero sembrare ruoli marginali, i loro, ma in realtà sono fondamentali per l’evoluzione della storia e dei personaggi.

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Quando i protagonisti vengono messi a nudo, quando viene mostrato fino a che punto entrambi sono disposti a scavare nelle loro vite ecco che lo spettatore non riesce a “tifare” né per lui, né per lei.
Nick è pronto a darsi in pasto in televisione alla versioni fittizie e americane di talk-show alla Barbara D’Urso.
La moglie è diversa, ma anche nella vita di Amy regna la finzione. I suoi genitori, fin da che era piccola, hanno abbellito la realtà che circondava la figlia trasformando la sua infanzia in un romanzo di successo.

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Per la materia trattata è quanto mai difficile dividere il libro dal film, e questo dipende dal fatto che siamo abituati ad accettare eventi simili a quelli raccontati da Fincher e Flynn come eventi di cronaca. Entrando in questa ottica ecco che il film rappresenta programmi come Quarto Grado o Amore Criminale, mntre il libro rappresenta tutta quella massa di giornali scandalistici diventati famosi dopo il caso O. J. Simpson.
C’è, però, una netta differenza fra la coppia Dunne e un qualsiasi evento di cronaca nera e questa differenza è nel modo in cui la trama viene raccontata. Qui siamo dall’altra parte della barricata, vediamo come la stampa interferisce con la vita di queste persone, costringendole a rinchiudersi in casa e sentirsi incarcerati anticipatamente. Ma quello che hanno in comune è come il pubblico reagisce alle loro azioni. È il pubblico a decidere e, se piaci a lui, estremo giudice, allora non sei solo buono, sei di più: sei onesto, sei innocente.

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Per pubblicizzare la pellicola è stata fatta una vera e propria campagna di Guerilla Marketing in giro per il mondo con cartelloni con la scritta “Happy Anniversary” contornati da oggetti che sembran tratti direttamente da una scena del crimine.
Come se non bastasse è stato creato un sito, ancora oggi attivo: http://www.findamazingamy.com/

 

Per concludere citerò le prime parole del libro (usate anche da Fincher come inizio, usando la voce fuori campo): “Quando penso a mia moglie penso sempre alla sua testa […] La riconoscerei ovunque, quella testa. E ciò che contiene. Penso anche a quello: la sia mente, il suo cervello, con tutte quelle circonvoluzioni, e i suoi pensieri che fanno avanti e indietro rapidi e frenetici come scolopendre. Con la curiosità di un bambino m’immagino di aprirle il craino, srotolarle il cervello e frugarci dentro, per catturare i suoi pensieri. A cosa pensi Amy?”

 

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Sono Noise, il rumore. Sono il battito del cuore e l'affanno del respiro. Sono il ticchettio che ti tiene sveglio la notte. Sono il ronzio che ti perseguita assieme all'afa estiva. Sono il disturbo di frequenza mentre cerchi la tua stazione radio preferita. Sono i tuoi passi che battono sull'asfalto quando vuoi stare da solo. Il rumore ha un colore e una voce, la mia.
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