Capitolo V – Agnus Dei
Amo scrivere banalità, eccone un’altra: probabilmente prenderei in considerazione la possibilità di mollare tutto ciò a cui sono legato se mi si offrisse la prospettiva di una vita bucolica ma, ancora una volta lo ripeto, sono troppo debole per farlo. Amo parlare, a volte anche all’infinito, riguardo ai miei piani futuri e ai miei sogni, ma, purtroppo, concretizzo pochissimo: più stringo il pugno, più i granelli di sabbia scivolano via. Ad ogni modo è sempre piacevole sapere che qualcun altro è invece riuscito nel suo intento, ancora di più lo se conosci personalmente: Marco, infatti, dopo una vita passata a consegnare pacchi per le poste, una mattina s’è svegliato ed ha abbandonato tutto. Ora vive in un piccolissimo paese di montagna, Penìs, ed alleva un gregge.
Sta di fatto che questo piccolo borgo ha la fama di essere uno dei più turbolenti di tutta Italia: quotidianamente il parroco, quando esce di casa per comperare il giornale, prende a male parole assessori e sindaco che, a loro volta, iniziano a litigare tra di loro e a tirare in ballo tutti coloro che sono a portata di mano o di un semplice grido. È così, a Penìs, che la politica si “fa”. Chi picchia meglio argomenta meglio e i meglio picchiati sono i meglio convinti, la pioggia o la nebbia rendono le discussioni solamente più interessanti. Le quote rosa, in ogni caso, sono sempre rispettate, e c’è chi ha combattuto anche per questo: non esiste discriminazione di genere, le botte, i graffi, i morsi, gli insulti sono di tutti e per tutti. Marco non ha mai partecipato attivamente a questi comizi e nemmeno li capisce, ma si è ormai convinto che la sua perplessità è figlia del suo non essere cittadino originario del paese e così, ogni giorno, rimane nella sua proprietà e alleva, appunto, il suo gregge.
Un mattino, mi disse, si accorse che uno dei suoi più giovani montoni, Imanol Biondacara, era fuggito: cominciò a cercarlo nei campi e nei boschi vicini ma non lo trovò. Si diresse in paese per chiedere aiuto, ma, già dai primi passi tra le strette vie del centro, notò che qualcosa sembrava fuori posto. Entrato nella piazza vide mucchi di persone stese e doloranti e il suo ariete, politikòn zôon, mordere e prendere a calci e testate chi ancora era in piedi. Conclusa la rissa il parroco, in precedenza nascostosi, lo catturò con l’aiuto di un manipolo di carabinieri e chierichetti, nonostante le grandi proteste di Marco. L’animale tuttavia si lasciò catturare, sembrava addirittura ben conscio di quello che sarebbe successo. “Ti appenderemo sulla pubblica piazza! Morte alla bestia!” gridava il prete, livido ed ancora impaurito, stracciandosi le vesti, in preda al furore. Il partito animalista, sparso, dolorante e steso sulla piazza, non provò nemmeno a protestare.
“Perché lo hai fatto?” chiese Marco al suo animale, mentre lo stavano portando via. Imanol rispose, belando: “Non è evidente?”.
L’animale fu crocifisso sulla piazza stessa dopo poche ore e in seguito mangiato da tutto il paese: durante il banchetto si danzò e cantò con gioia.
——————————————————————
Questo articolo ti è piaciuto? Condividi, lascia un like o un commento!
Seguici anche sulla nostra pagina facebook QUA!