Quella che state per leggere è una storia di pura fantasia. Ogni personaggio, nome citato, luogo e situazione non sono riferiti ad un contesto reale, ma sono da attribuirsi ad un mondo puramente immaginario. Ogni riferimento a fatti, luoghi, storie, situazioni e personaggi realmente esistenti è puramente casuale.
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IL TRONO DI RUSPE
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Capitolo 9: Ambizione
Makeen cammina lentamente con le mani incrociate dietro la schiena davanti a 6 jeep piene di uomini. Gli ordini vengono impartiti velocemente, gli ostaggi sono scomparsi solo qualche ora prima e la furia dei guerriglieri si alza verso il cielo insieme a centinaia di bandiere nere.
L’arabo stringe i denti e si accarezza la cicatrice sulla guancia: “Uomini! Il tradimendo di Amjad è una ferita profonda che colpsce tutti noi, me per primo.”
I soldati scuotono la testa sputando a terra disgustati.
“Ma questo non deve distoglierci dal nostro obbiettivo più importante: recuperare gli ostaggi.”
Makeen si volta, dietro di lui Matt annuisce piano.
“L’imprevedibile è ormai avvenuto, ma non possiamo perdere tempo: vi dividerete in cinque gruppi. Secondo le previsioni del profeta potrebbero essere diretti a nord e sono a piedi. Hanno solo qualche ore di vantaggio, non sarà un problema.”
“Per Allah!”
“Il profeta è grande!”
“Li riprenderemo!!”
Cominciano a dividere i gruppi secondo le indicazioni di Matt, Mary traduce gli ordini. Makeen incalza, indicando i gruppi e mostrando loro dei punti su una carta geografica fra le sue mani: “Secondo le indicazioni di Allah voi dovrete andare ad est, verso Al-Kawm, voi a nord est, verso Al Tabqah, voi due a nord…”
Continua così fino a ricoprire idealmente un cono di 180°. Si volta verso l’ultimo gruppo: “Voi con ad ovest, verso Hamah.”
Le jeep si mettono in moto rombando sulla strada sterrata e sollevando colonne di polvere che si diramano seguendo le direzioni date da Makeen. Lo sguardo di Matt si sposta da destra verso sinistra, i suoi occhi fissi sui veicoli, li osserva muoversi velocemente fino a scomparire dietro le dune aride.
“Forse ce la faranno… Forse.”
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“Come ti chiami, fratello?”
“Fadi.”
“E voi lì dietro? Non credo di avervi mai visti.”
“Non ti risponderanno. Ho parlato con loro prima, han detto che vogliono pregare durante il viaggio: dobbiamo sperare di riuscire a trovare noi gli americani.”
I soldati si aggiustano il tessuto nero sul volto, coprendoselo meglio. L’arabo alla guida stringe gli occhi puntandoli nello specchietto retrovisore, sospettoso. L’uomo al suo fianco interviene: “Non possiamo permetterci di sbagliare. Gli americani sono a piedi e non possono essere andati troppo lontano. Ho sentito dire dal Moncliff che il gruppo che riuscirà a trovarli vincerà una vergine in più nel paradiso.”
L’attenzione dell’arabo si sposta di nuovo su di lui: “Cosa?!?”
“Esattamente.”
Il pedale dell’accelleratore si abbassa velocemente e la jeep schizza in avanti divorando decine di metri di sabbia al secondo.
Dopo un’ora di viaggio l’arabo si gira verso l’uomo con la testa nascosta nel velo rosso a fianco a lui, la voce rotta dalla delusione: “Stiamo per avvicinarci, fratello, ma dubito che li troveremo così lontano. Dobbiamo sperare non siano entrati in città.”
“Dove siamo?”
“Tra mezzora raggiungeremo As San, da lì mancherà poco.”
Gli altri tre uomini seduti sui sedili posteriori tirano un sospiro di sollievo.
“Siete felici anche voi, fratelli? Lo so, anche io non vedo l’ora di fargliela pagare.”
“Buffo, stavamo pensando proprio la stessa cosa, fratello.”
Gli occhi dell’arabo si spalancano e la mandibola si abbassa in un gesto di stupore. Sul sedile del passeggero l’uomo a fianco a lui ha iniziato a sorridere, una strana scintilla nei suoi occhi.
Lo capisce troppo tardi: il proiettile trapassa il poggiatesta del sedile facendo esplodere la fronte dell’arabo in decine di pezzi e perforando il vetro della jeep in una ragnatela di crepe. Uno schizzo di sangue accompagna una densa colata grigia.
L’uomo accanto a lui si getta subito sulle gambe del cadavere cominciando a frenare con le mani, spingendole entrambe sul pedale. La macchina si ferma dopo qualche secondo.
In un unico gesto si risolleva e togliendosi la kefiah rossa e guardando i tre soldati dietro di lui. Scuote la testa incredulo: “A quanto pare ha funzionato.”
Butler sputa sul cadavere dell’uomo: “Facciamolo sparire adesso che siamo ancora nel deserto.”
Fisher afferra la ricetrasmittente al fianco dell’arabo, poi la getta sul fondo della jeep: “Chi ce l’ha quella dell’italiano?”
Il capitano Ford la solleva estraendola dalla manica sorridendo.
Una tallonata spacca in decine di pezzi quella del guerrigliere: “Adesso non ci troveranno mai. Bene, muoviamoci.”
Seppelliscono velocemente il cadavere sotto la sabbia, così come simboli neri e la bandiera dell’ISIS. Dopo qualche minuto si rimettono in viaggio.
—Due giorno dopo—
“I soldati di Amjad sono dubbiosi, mio Moncliff. ”
“Capisco che abbiano perso il loro leader, ma abbiamo il profeta con noi.”
“Lo sono anche i nostri.”
Una lunga carovana nera si snoda fra colline arse e rocce appuntite, il sole sta iniziando a sollevarsi all’orizzonte lanciando lunghi raggi su di loro.
Makeen si siede di lato, guardando speranzoso e implorante il volto di Matt, la jeep sotto di loro sobbalza e li scuote al suo interno. Sui sedili posteriori anche Nunzio, Mary, Nicola e Luisa.
“Dobbiamo arrivare da qua ad Aleppo.” Matt gli mostra una cartina, facendo scivolare un indice sulla carta: “Abbiamo due giorni di viaggio, saranno più che sufficienti per catturare il maggior numero di persone dalle decine di villaggi lungo la strada.”
“Villaggi? Per cosa?”
“Lo capirai molto presto.” Punta il dito su alcune macchioline scure sulla mappa abbozzando delle curve e dei segni: “Ecco vedi, basterà accerchiare ogni villaggio e inviare all’interno un gruppo di cento o duecento di noi per spingerli qua e qua, dove sarà il resto del nostro esercito.”
L’arabo stringe gli occhi accarezzandosi la cicatrice.
“Ne potremo catturare tranquillamente qualche migliaio senza che reagiscano, e nel caso in cui dovesse accadere… beh, basterà ammazzarne qualcuno per fargli capire chi comanda. Dobbiamo trovare persone con figli, saranno le più utili.”
Makeen ascolta in silenzio la traduzione della giornalista annuendo piano.
“A quel punto useremo le nostre uniformi, gliele faremo indossare e li incappucceremo come se fossero nostri soldati.”
Lo sguardo dell’arabo ha uno scatto di scetticismo: “Ma… Perché?”
Matt sorride scoprendo i denti accarezzando la cartina: “Perché gli ordineremo di attaccare Aleppo.”
Makeen scuote la testa: “No! Impossibile! Non accetteranno mai!”
“Mio caro amico… e perché credi che ci serva gente con figli? Li useremo per convincerli a farlo, altrimenti li ammazzeremo, così come i loro cari rimasti con noi. Se questo non dovesse bastare li convinceremo anche che molti dei nostri uomini siano nascosti fra loro per assicurarsi che non scappino via. Ovviamente saranno tutti incappucciati, quindi nessuno saprà chi è un civile e chi no, basteranno poche decine di noi per tenerne a bada migliaia.”
L’italiano fa schioccare il collo in un sorriso serafico: “Adesso immaginati la scena, mio fedele Makeen: cinquemila civili in nero che attaccano una grande città al confine con la Turchia per salvare la pelle dei propri bambini e con la convinzione che ogni altro uomo incappucciato al suo fianco sia uno di noi. Saranno motivati, impauriti e, cosa ancora più importante, una bella esca per gli americani.”
L’arabo ha uno scatto: “Che intende dire?”
“C’è una loro base a 250km da lì. Sarà uno scherzo raggiungerla. Quando partirà l’aviazione e l’esercito di terra noi li aggireremo e supereremo il confine: attaccheremo İncirlik proprio quando saranno senza la maggior parte dei loro uomini, quindi più deboli.”
Amjad: “Mio Moncliff, ma perché? Non è rischioso?”
“Lo sarebbe di più senza il diversivo. È una base NATO, mio Makeen… hanno armi atomiche. Sai questo che significa?”
Il guerrigliere spalanca gli occhi: “C-c-che presto le avremo anche noi…?”
“Esattamente.”
Il silenzio scende nella macchina interrotto solo dal rumore dei pneumatici sulla strada sterrata.
“Oh mio M-M-Moncliff! N-n-non posso cr-r-rederci! Tutte queste c-c-cose come le sa?”
Matt sorride: “Me le ha fatte vedere in sogno Allah. Se faremo esattamente come dice le nostre bandiere sventoleranno su tutta la Turchia nel giro di qualche settimana. E questo è solo l’inizio.”
L’arabo si massaggia commosso le guance fra le mani mostrando la terribile cicatrice sotto la barba.
“D-d-devo subito dire agli uomini del piano!”
“Certo, mio fedele servitore. Và pure.”
Makeen scende dalla Jeep in corsa e solleva le mani al cielo facendo gesto ad un camion di fermarsi. Sale sul mezzo cominciando a gridare estasiato.
I passeggeri nella jeep spalancano gli occhi guardando Matt, l’uomo sbatte la testa contro il sedile sospirando: “Fottuto ritardato…”
—Due notti prima—
I soldati americani vengono spinti in avanti da mani forti e sicure: “Stay calm… weee..weee here help you them.”
Il capitano Ford scuote la testa: “State calmi, pipì pipì qua aiutare loro…?”
Le reazioni sono immediate: “Italiani?”
“Alleati?”
“Che ci fate qua?”
Nunzio e gli altri militari italiani parlano a malapena inglese, ma continuano a calmarli: “Shut the cazz up, pliz.”
“Stùt the voice, the Islamic nigga are near.”
“If they beccano us they do a culo big accussì.”
“Ravioli ravioli give me the formuoli.”
I soldati spingono nel buio gli americani dentro la tenda di Matt, prima di liberarli dalle manette e le catene gli hanno legato le mani. Li portano nel retro, nascondendoli dietro barili d’acqua e casse di munizioni ed esplosivo. Nunzio gli lega i piedi bendandogli la bocca con degli stracci, poi li copre con dei cuscini e dei tappeti, non possono rischiare di farli scappare. Nessuno degli americani ha capito cosa sta succedendo, né tantomeno ha potuto vedere i volti dei salvatori nel buio della notte. Sono deboli, denutriti e troppo disidratati per reagire.
Nunzio si accovaccia su di loro sussurrando: “I’m sorry but we can’t risk that they… them… scoprair noi.”
“Cazzo caporà, ‘elevata esperienza all’estero’ un par de palle. Manco mi nonna.”
“Fottiti, Ignà.”
Dopo qualche istante imbracciano dei fucili lasciati sul tappeto ed escono dalla tenda. In lontananza dei fari vengono accesi.
Carmelo: “Il piano è terminato?”
Cirlo: “Sembra di sì…”
I loro sguardi fissi sulle pendici del monte.
Nicola: “Avranno avuto successo?”
Nunzio: “Non saprei dire… siamo in ritardo.”
Una serie di colpi di fucile si solleva dalla valle.
Ciro: “Saranno i colpi di Matt…?”
Ignazio: “O magari quelli contro di lui…?”
“…”
“…”
“…Merda.”
Si guardano per un attimo, poi si mettono a correre.
—Dopo qualche ora—
Matt entra nella tenda, con lui Mary, Luisa e i suoi cinque fedeli soldati. Si gira verso di loro: “Nunzio, vieni con me. Voi quattro rimanete fuori a fare la guardia. Non si deve avvicinare nessuno.”
Li squadra per qualche istante: “Ah, per la cronaca, quando dico ‘nessuno’ che cosa intendo dire…?”
Ignazio, Ciro, Carmelo e Nicola si guardano facendo spallucce: “…Proprio nessuno nessuno?”
“Ma che bravi! E quando vi dico di presentarvi all’appuntamento per uccidere Amjad entro dieci minuti cosa intendo dire…?”
“E-e-entro dieci m-m-mim-”
“E ALLORA PER QUALE STRACAZZO DI MOTIVO AVETE TARDATO?!?” L’uomo li fulmina con lo sguardo stringendo il kalashnikov tra le mani: “Un errore, un qualunque minimo errore, e adesso ci sarei stato io disteso sulla sabbia a sputare sangue. Se Amjad avesse portato con sé venti o trenta uomini? Se Mary fosse stata catturata? Se ci avessero anticipato puntando i fari su di noi prima di liberare quei quattro stronzi? Eh? EH?!? Meno male che Makeen e i suoi erano con me…”
I militari abbassano lo sguardo incrociando i piedi: “C-c-ci disp-”
“Fanculo. Rimarrete qua fuori a fare la guardia e non si deve avvicinare NESSUNO. Chiaro, adesso?”
“Signorsì, signore.”
“Bene.”
Luisa afferra il braccio di Matt e si spinge nella tenda, Nunzio e Mary lo seguono.
L’uomo si addentra passo dopo passo all’interno calpestando proiettili, tappeti e strofinacci rossi e neri, supera delle casse e si accovaccia cominciando a spostare i cuscini e i tappeti: sotto di essi, davanti a lui, quattro uomini legati e imbavagliati.
Li guarda negli occhi, i loro sguardi curiosi e dubbiosi al tempo stesso, afferra un coltello dietro la schiena e lo porta davanti gli occhi di uno di loro: “Fate silenzio. Sono vostro amico. Datemi i polsi.”
Dopo qualche secondo di incertezza il capitano Ford stringe le labbra sollevando le mani davanti a sé. Matt comincia a segare con attenzione la lama sul cordino fino a tagliarlo. Dopo mezzo minuto i soldati sono liberi.
“Che cosa sta succedendo?”
“Sono Matt, un alto esponente della politica italiana…” Si siede sui cuscini appoggiando le spalle ad una cassa di munizioni: “So che vi sembrerà strano, ma siamo riusciti ad infiltrarci nell’ISIS.”
I quattro soldati si voltano guardandosi senza dire una parola: “Com’è possibile?”
“È una lunga storia. Eravamo in missione diplomatica segreta… anzi, non era neanche minimamente autorizzata da qualcuno. Lungo la strada ci hanno catturato, ma siamo riusciti a fargli credere di stare con loro.”
Guyen socchiude gli occhi: “Li ho visto sgozzare il mio migliore amico sul tettuccio di una macchina.”
Butler continua per lui: “Ci hanno torturato per tre giorni di fila.”
Fisher: “Non mangiamo da più di due giorni.”
Il capitano Ford conclude: “In parole povere, mio caro amico… per quale motivo dovremmo fidarci di te?”
Matt socchiude gli occhi e fa un cenno a Nunzio: “Portagli del pane e dell’acqua.”
Solleva un sopracciglio e si slaccia l’M9 dal fianco porgendola al capitano americano: “Immagino sia tu il capo fra loro. Ecco, prendi. Se non ti fidi di me sparami pure adesso in fronte. Quello che otterrai sarà svegliare migliaia di guerriglieri armati fino ai denti che verranno qua a torturarvi per giorni interi e, cosa molto più importante, manderete all’aria un piano di intere settimane che prevede la totale distruzione dell’ISIS.”
I soldati si mettono su con la schiena ascoltando attentamente. Matt continua: “Certo, potreste tornare a casa come salvatori degli Stati Uniti, ma se proprio volete il mio sangue…” schiocca le labbra con sarcasmo “…beh, lo capisco.”
I due uomini si fronteggiano per qualche secondo. Matt solleva le spalle: “Allora?”
Ford si solleva sedendosi meglio sui cuscini: “Và avanti, ma non ci fideremo di te finché non ci lascerai andare con la certezza di tornare a casa vivi.”
“È esattamente quel che intendo fare.”
Nunzio torna con il pane e l’acqua, gli uomini si guardano scettici squadrando il cibo.
Luisa sbuffa nervosa e afferra una pagnotta dura, piatta e secca e la morde davanti ai loro occhi masticando il boccone con calma e ingoiando: “Non vogliamo avvelenarvi. Avete la minima idea di quel che abbiamo rischiato ad avervi liberato e di quanto stiamo rischiando anche ora a parlare qui con voi? Ne avete davvero una minima idea? Potete fidarvi, cowboy. Dipendesse da me vi farei legare di nuovo portandovi lì fuori per passare da eroi e continuare con il piano.”
I soldati stringono la mascella osservando la reazione del capitano. Luisa continua: “A voi la scelta, o state con chi vi vuole salvare, e lo fate per bene, o state con loro.”
Matt si intromette poggiando una mano sulla spalla della ragazza: “Sta’ calma, non si fidano. Lo capisco.”
“Calma un cazzo, ogni giorno che rimaniamo qua rischiamo di venir scoperti e sgozzati. Se non si fidano escano pure di qua e vadano a farsi fottere.”
Matt guarda i soldati sospirando: “Scusate il nostro nervosismo. Ma la situazione non è facile neanche per noi. Ve lo ripeterò un’ultima volta: potete fidarvi.”
Il capitano prende la parola, i suoi uomini iniziano a mangiare: “Come siete finiti qua?”
“Siamo stati vittime di un naufragio, abbiamo perso molti uomini. Dovevamo andare in India per recuperare due nostri soldati catturati e tenuti prigionieri dal governo. Probabilmente conoscete già la situazione, vogliamo fare di tutto per portarli a casa. I nostri soldati. I nostri uomini. I nostri eroi.”
Gli americani acconsentono piegando i lati della bocca verso il basso in segno di soddisfazione: “Oh yeah, that’s much murrican.”
“Very freedom.”
“Such courage.”
“Wow.”
Il capitano li interrompe: “E come avete fatto quando vi hanno catturati?”
Matt ingoia in silenzio, non può permettersi di dire la verità: “Beh, abbiamo semplicemente detto loro di essere islamici e di essere lì per unirci a loro. Abbiamo dovuto fare solo un test sul Corano, niente di più. Non si fidano ancora del tutto di noi. Il loro capo, Makeen, ci sta col fiato sul collo.”
“Capisco.”
“È una situazione molto delicata, ma se avessimo aspettato ancora vi avrebbero potuto ammazzare. Non potevamo permettere che accadesse.”
I militari battono piano le mani mentre apprezzando quelle parole mentre aquile dalla testa bianca risplendono fiere nei loro occhi.
Matt riprende: “Bando alle ciance, adesso vi spiegherò come fuggire di qua.”
Per la mezzora successiva Matt spiega il piano ai soldati, fra sconcerto, stupore e dubbi. La fiamma delle candele al petrolio illumina tremolante le loro espressioni con tinte arancio e sanguigna.
Dopo la spiegazione il capitano Ford guarda i suoi uomini acconsentendo, anche loro sono d’accordo.
“Matt, non sappiamo come ringraziarti… Davvero. Ci stai salvando e non ci devi niente. Credo di parlare a nome di tutti dicendoti quanto siamo grati per aver messo a rischio la tua missione per salvarci. È qualcosa che apprezziamo moltissimo. Da oggi puoi considerare l’esercito degli Stati Uniti come tuo alleato. Ovviamente non potrà essere ufficiale, ma noi faremo di tutto per sdebitarci…”
Matt scuote la testa dubbioso, dentro di lui sta esultando, ma non può darlo a vedere, è andato esattamente come sperato: “Beh non saprei… Ma, ecco… una cosa ci sarebbe…”
Fisher si colpisce il petto con la mano: “Qualunque cosa! Niente ci è impossibile.”
Matt continua: “Sappiate che vi metterà a rischio… Molto a rischio.”
Guyen e Butler si alzano in piedi, seguiti da Fisher: “Se ce lo chiedi saremo disposti ad unirci a te nella tua missione in India.”
“Oh, beh, vi ringrazio per la proposta, ma avevo in mente altro…”
I soldati si rimettono seduti: “Cioè…?”
Matt volta la testa squadrandoli col solo occhio destro sorridendo malignamente: “Ve l’avevo detto che volevo distruggere l’ISIS, no? Beh, forse potremo fare anche qualcosa in più…”
I quattro americani si mettono su con la schiena iniziando a preoccuparsi.
“Immagino che abbiate qualche conoscenza nell’aeronautica, no?”
Fisher e Butler acconsentono piano, il capitano prende la parola, gli sguardi degli americani si son fatti tetri: “Matt, che cosa ci stai chiedendo di fare…?”
Dopo qualche secondo di silenzio un mezzo sorriso si affaccia sul volto del politico, le occhiaie e le rughe scavano un’espressione terribile attorno ai suoi denti da squalo. La risposta viene scandita con lentezza: “Beh, avete presente Medina, Mecca e Gerusalemme…?”
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Clicca qua per leggere il prossimo capitolo: Lacrime e sabbia.
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Ogni disegno de Il Trono di Ruspe, dalle vignette nel testo alle copertine, è stato fatto dalla mano del bravissimo Zobly. Cliccate QUA per seguirlo sulla sua pagina FB, se lo merita.
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