Nota per il lettore: l’intervista, per quanto sia andata come descritto, è un esperimento narrativo in prima persona. La scrittura non è lineare, i dialoghi in grassetto sono i pensieri della mia parte razionale, quelli in corsivo della mia parte emotiva e quelli sottolineati i pensieri consci. Il risultato potrebbe sembrare strano e un po’ schizofrenico. Beh, lo è.
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L’autunno ha colpito Padova con un gancio dritto al mento. Le giornate son fredde, umide, nebbiose e la città degli affreschi si riempie di punch e scatarrate sui muri. Vedi anche: paracetamolo, acido ascorbico, nicotina.
Torno a casa dopo la lezione pomeridiana, è un mercoledì e mi preparo una tazza di tè. Riempio il bollitore d’acqua e lo lascio sui fornelli mentre mi rullo una sigaretta. Vado sul balcone e mi appoggio alla ringhiera mentre inizio ad aspirare dal filtro. La gola brucia, tossisco, prendo una vitamina C.
“Non imparo mai.”
“Tanto per cambiare.”
Torno dentro casa e inizio a sorseggiare il tè scorrendo svogliatamente quella lista di vita degli altri sul mio smartphone.
Dopo qualche istante una notizia mi appare davanti agli occhi. Appoggio la tazza e leggo meglio l’annuncio lasciato dalla mia fumetteria di fiducia.
“Non è possibile.”
“Ma non era in America?”
“Sicuro fosse solo una sigaretta?”
Per tutti i lettori che non lo conoscessero, beh, Marco Checchetto è stato uno dei disegnatori di punta degli ultimi anni della Marvel. La sua carriera, iniziata in Italia sulle copertine di PSM Playstation Magazine, si sposta poi per breve tempo su alcune serie Italiane e sul Giornalino come disegnatore delle Tartarughe Ninja, in seguito viene notato dalla Marvel che gli affida una storia di Deadpool e la realizzazione di una serie Italiana, sempre per il Giornalino, di Spider-Man. Da lì è l’ascesa. Marco Checchetto ha firmato numerosi lavori (tra i quali, X-Men, Daredevil, Spider-Man, Venom, Punisher e Avengers) e attualmente le sue matite sono al soldo della Lucas per il lancio di Star Wars – Il Risveglio Della Forza con due miniserie: Star Wars – Shattered Empire e Obi-Wan&Anakin. Con l’amico Stefano Vietti sta lavorando al suo primo progetto personale, Life Zero, run horror tutta italiana per la Panini Comics.
Sabato pomeriggio arriva velocemente e mi preparo delle domande, ne butto giù qualcuna con la certezza di ricevere un sorriso e un “magari un’altra volta, eh?” e inizio a pedalare verso la fumetteria KissaShop.
Dopo qualche minuto uno dei disegnatori che ho amato di più negli ultimi anni mi si para davanti e rimango lì, fermo, ad osservarlo proprio a metà tra lo scaffale Marvel e quello DC. Il locale è pieno e la musica di sottofondo accompagna sguardi curiosi che si dirigono verso l’entrata.
“Allora, sei pronto a fa’ ‘sta figura di merda?”
“Certo.”
“Come sempre.”
“Andiamo subito?”
“Aspetta, fallo ambientare, vedi tutti ‘sti ragazzi che si accalcano?”
“A-ah…?”
“Ecco, tu no. Sii professionale.”
“Professionale. Certo. Con un maglione di lana con fiocchi di neve.”
Aspetto e controllo le ultime uscite, compro qualche volume e mi aggiro nel locale.
“Ma chi è la giapponesina…?”
“Carina, vero?”
“Ragazzi cosa gli chiediamo di disegnarci? Niente di banale, eh.”
“Batman?”
“…”
“Vada per un Iron Fist.”
“Moon Knight!”
“Ragazzi…”
“Marv di Sin City!”
“Venom!”
“Ragazzi…”
“Wolverine!”
“Spider Jerusalem!”
“RAGAZZI!”
“…Eh?”
“È qua davanti. È il momento.”
“Ma sì, andiamoci a prendere questo NO e aspettiamo per l’intervista vera, magari la rigiriamo come se l’avessimo fatta noi, tanto chi vuoi che ci legga…”
Mi avvicino a Marco e mi presento: “Salve, è davvero un piacere incontrarla. Scrivo per un blog e mi piacerebbe farle un’intervista, so che più tardi ce ne sarà un’altra, ma mi chiedevo se fosse possi-”
Il disegnatore mi interrompe con un sorriso accogliente: “Ah sì, certo! Iniziamo subito! Ma dammi del tu, non sono così vecchio!”
Il cuore mi si ferma.
“L’intervista?”
“Adesso?”
“Ma abbiamo delle domande di merda!”
Comincio a sudare dalla tensione, mi aggiusto il bordo del maglione sul collo ed un brivido di eccitazione mista a paura mi accarezza il volto con dita fredde sussurrandomi all’orecchio: “cazzi tuoi, adesso”.
Vedi anche: vasodilatazione, tremore, tachicardia.
Marco si accomoda dietro un tavolino: “Sei del blog…?”
“Inchiostro alla Spina.”
“Oh! Bel nome!”
“G-g-g-razie!”
Dentro di me vedo il fantasma di Joe Simon sorridermi con approvazione e Shia Labeouf farmi l’occhiolino.
“Zitto. Sta’ buono. Concentrati.”
“Guardalo. È… bellissimo…”
“Focalizza l’attenzione, sguardo pacato, ma fermo.”
“D-d-d-damn n-n-no h-h-homo…”
“Parti con le domande, idiota!”
“G-g-giusto!”
Faccio un respiro e provo a sembrare semi-professionale, il che si traduce nello stare in piedi lì a fianco cercando una posizione che non mi faccia sembrare una ragazzina in post deflorazione imenea.
“Partiamo dal lavoro che più ho apprezzato: la serie del Punisher con Greg Rucka. È uno scrittore che adoro, ho letto il primo dei suoi romanzi alle prese con la guardia del corpo Atticus Kodiak (Io ti proteggerò, l’unico disponibile in Italia, nda.) e sto seguendo il suo Lazarus. È in grado di intrecciare thriller e noir e nel vostro Punisher c’è anche una forte vena action. La domanda quindi è: com’è stato lavorare con uno come Greg Rucka?”
Prima di rispondere Marco socchiude gli occhi sollevando gli zigomi in una forte risata: “Greg è fenomenale, lui è quello che scrive. È preciso, pignolo ed è molto descrittivo anche nelle sceneggiature, non si limita ad indicarmi com’è strutturata una scena, ma si perde in descrizioni che poi al lettore non arrivano se non tramite il disegno. È una persona che sa esattamente quello che vuole raccontare e che sapeva esattamente già dall’inizio come sarebbe stata la fine della serie. Greg esige moltissimo dai disegnatori con cui lavora, la mia fortuna è di essere, per il disegno, ciò che lui è con la scrittura: anche io sono molto meticoloso e questa cosa ci ha permesso di legare molto e di trovare una perfetta simbiosi. Quando poi ci han chiesto di lavorare insieme su Star Wars eravamo felicissimi tutti e due di poter tornare insieme a far qualcosa di nuovo.”
Prendo la palla al balzo: “Nel mondo del fumetto questa simbiosi è importantissima. Se nel cinema, ad esempio, il regista decide di inquadrare un sigaro, lo spettatore sa già che sarà un dettaglio importante. Nel fumetto, invece, la capacità di lettura e il grado di narrazione dipende anche dal lettore e di quanto lui voglia addentrarsi nelle descrizioni e nella trama. Riuscire a creare questa complicità fra scrittore e disegnatore è essenziale e agevola il lavoro di noi lettori.”
Marco: “Sì, e poi altre volte sono io a proporre delle idee. Ad esempio la scena in cui il Punitore disegna il teschio sulla maglietta non era in sceneggiatura, ma visto che c’erano molti cosplayer che mi scrivevano e mi chiedevano come Frank se lo fosse dipinto così da poterlo fare anche loro… [ride] allora, beh, abbiamo inserito questa scena con la sagoma e la vernice spray.”
“Anche l’idea di inserire Devil e Spider Man è stata tua?”
Marco: “Beh, nella sceneggiatura di Greg doveva esserci solo Devil, ma ho rotto così tanto le scatole a Greg che alla fine l’ho convinto a mettere anche Spider Man. È un personaggio che amo!”
L’atmosfera inizia a sciogliersi, vado avanti. Qualcuno inizia a girarsi verso di noi incuriosito dalle domande.
“Passiamo al tuo lavoro su Star Wars – L’impero a pezzi, sei anche un amante della serie?”
Marco: “Sì, sono un amante di Star Wars, specie della vecchia trilogia, visto che sono cresciuto con quella.”
“Niente Jar Jar Binks e compagnia quindi.”
Marco: “Guarda, l’idea del prequel mi piace, ma con il primo proprio non ce la faccio. Il terzo mi è piaciuto di più perché veniva inserita dentro la saga di nuovo un po’ di oscurità, vedere il percorso di Anakin nel diventare Darth Vader è davvero molto bello. Comunque non sono un fan sfegatato che conosce qualsiasi cosa della saga… per farti capire, hai presente Die Hard 4?”
“Ce l’abbiamo presente?”
“Allora?”
“Ma che ne so, credo di sì, c’è il pelatone che spara e boom kaboom patatrak.”
“Basterà.”
Annuisco piano.
Marco: “Ecco, c’è una scena in cui Bruce Willis entra nell’antro di Kevin Smith, vede una sagoma e chiede: «E questo chi sarebbe?» Quello gli fa: «È Boba Fett.» e lui: «Ah, non conosco. Sono più un tipo da Star Wars.»”
Entrambi ridiamo, così come i presenti ormai decisamente più numerosi.
“Io sono più come Bruce Willis, se mi chiedi il nome della razza o di un certo tizio non lo conosco, ma sono comunque cresciuto con i film di Star Wars, per cui è stato bellissimo.”
Il gruppo di ragazzi precedentemente sparpagliati fra gli scaffali della fumetteria in cerca degli acquisti della settimana e dell’intervista ufficiale con Marco inizia a farsi più vicino. Ai loro occhi un ragazzo con un maglione natalizio nero e grigio sta intervistando l’autore prima di quella che dovrebbe essere l’intervista vera e propria.
“Guarda che non siamo l’intervistatore ufficiale.”
“Rischiamo di fare una figuraccia.”
“Ma sì, ma sì. Tanto una più, una meno…”
Continuo con le domande con maggiore ansia e la consapevolezza che, se dovessi fare una gaffe, questa sarà davanti a cinquanta persone e non solo una.
“Passiamo a Life Zero. È un progetto che risale al 2008 e che mette in campo un’ambientazione zombie in un universo tutto suo. Come mai, insieme a Stefano Vietti, avete pensato a soli tre numeri?”
Marco: “Perché si dice che gli esseri umani abbiano una vita!”
Scoppia a ridere, così come i presenti. Sorrido nervosamente.
Vedi anche: prurito, tic, deglutizione.
“Ecco, vedi che succede a far domande del cazzo?”
“Dai che se lo sono chiesto tutti.”
“Se se se.”
Marco continua: “A parte gli scherzi, Life Zero era nata come una graphic novel, un unico volume autoconclusivo che permettesse sia a me che a Stefano di sbizzarrirci un po’. Anche se sta uscendo a puntate è pensata come un unico albo, infatti questa prima uscita è molto più lenta rispetto alle altre due, è un’introduzione al delirio che verrà in quelle successive. Comunque abbiamo lasciato sparsi dei mezzi agganci qua e là nel fumetto, nel caso in cui la serie dovesse andare bene niente potrebbe vietarci di continuarla.”
Attacco ancora: “Dando un’occhiata a questo Life Zero mi rendo subito conto come, dopo questa esperienza in America, il livello delle tavole sia rimasto altissimo. Pur essendo un prodotto tutto italiano basta sfogliare le pagine per riconoscere di avere fra le mani un albo di qualità internazionale, sia per via della sceneggiatura che dei disegni. Com’è stato il riscontro da parte del pubblico?”
“Per il riscontro è ancora presto, visto che è uscito da una decina di giorni… Diciamo che per adesso pare stia andando bene, in Panini son contenti, così come lo siamo noi. Per quanto riguarda la qualità, all’inizio doveva essere solo un progetto molto veloce, strutturato e disegnato quasi solo a matita, una cosa per divertirci. Poi mi sono reso conto che era un prodotto mio, non era un qualcosa che facevo per un altro editore e per questo ho deciso di dare il massimo anche qua.”
La folla attorno a noi si fa sempre più numerosa e le mani di Marco si muovono su un foglio davanti a lui. Prende dei pastelli rossi e comincia ad abbozzare una figura. Poi mi guarda indicando il piccolo cilindretto colorato che ha in mano: “Sai cosa mi hanno detto alla scuola di fumetto di Verona?”
Scuoto la testa.
“Che non si disegna con i pastelli.”
Sorrido e controllo la lista delle domande. Afferro la successiva, schiocco le labbra, incocco e sparo.
“Rimanendo su Life Zero, ci sono dei telefilm, dei fumetti o comunque dei characters che hanno aiutato nella caratterizzazione di questi personaggi?”
Marco: “Sì, assolutamente. Moltissimi continuano a dirmi di Nathan Never, ma di Nathan Never non ho preso davvero nulla, è un altro pianeta. Io sono un fan sfegatato di John Carpenter, mi piacciono tantissimo i suoi film, soprattutto La Cosa e Fuga da New York. Diciamo che sia i personaggi che l’atmosfera di Life Zero sono un tributo all’arte di John Carpenter. Il protagonista di fatto è Kurt Russel, Snake Plissken, da cui deriva anche un’altra influenza che è quella di Metal Gear Solid, una saga per cui vado matto, c’è anche la mia run sul Punitore che lo testimonia.”
Annuisco piano e sbircio sul foglio: uno Spider Man disegnato con pastelli rossi comincia a prender vita sulla cellulosa bianca.
“Parliamo dei tuoi disegni e delle tue matite e facciamolo con una domanda molto standard: quali sono i disegnatori che più ti hanno influenzato e dai quali hai tratto più ispirazione?”
La domanda, per quanto semplice, fa scendere un velo di silenzio sui presenti. Persino la musica sembra abbassarsi da sola, curiosa per la risposta.
Marco affossa piano la testa fra le spalle grattandosi appena la barba sul mento. Appoggia il pastello sul tavolo incrociando le dita.
“Ecco, adesso dirò un nome…”
Si guarda intorno, i ragazzi si fanno più vicini socchiudendo gli occhi pronti a scatenare un giudizio.
“…E la metà di voi qua dentro se ne andrà.”
Tendo le orecchie e mentre ascolto la risposta il cuore smette di battere.
“Ed è John Romita Jr.”
Scoppia una lampadina.
“LUI?!?”
“Ma per favore!”
“Tu stai zitto che ti piace Joe Madureira.”
Un ragazzo crolla a terra, una ragazza ha un mancamento e viene portata via da due amici, cani si sentono ululare fuori dal locale.
Marco ride sollevando le mani: “Andiamo ragazzi, sono di un’altra generazione. Cioè, per me John Romita Jr. ha disegnato uno degli Spider Man più belli di sempre.”
“L’hai mai conosciuto?”
Marco: “Gli ho stretto la mano solo una volta, ma non ho mai avuto il piacere di parlargli e di scambiare quattro chiacchiere con lui. A prescindere da come disegni ora, negli anni ’80, su Spider Man era proprio il top assoluto. Anche lo stile di Rick Leonardi mi ha influenzato molto, il suo Spider Man 2099 mi ha fatto innamorare definitivamente delle movenze dell’Uomo Ragno e io sono cresciuto proprio con questo supereroe, è il mio fumetto preferito e Romita Jr. e Leonardi sono i miei due autori di riferimento.”
“Segui dei rituali particolari quando disegni? Ascoltare un certo album o un certo artista magari…”
Marco fa un cenno al tavolino a fianco pieno di CD per poi scoppiare a ridere: “Oh, sì, certo. Ascolto la colonna sonora di Life Zero!”
Gli zigomi si abbassano piano e la risposta prosegue: “Mi piacciono moltissimo i film e quindi anche le loro colonne sonore, quando mi fisso su qualcosa la ascolto a ripetizione. Molto spesso ascolto proprio le colonne sonore dei film di Carpenter. Per quanto riguarda i gruppi, mi piace molto lavorare anche mentre ascolto i Rammstein.”
Prendo in mano il disco della colonna sonora e lo guardo per interi secondi. Sulla copertina c’è lo stesso disegno della prima pagina di Life Zero. Sono così impegnato a osservare questo zombie dallo sguardo vitreo e il cranio perforato da non rendermi conto di un leggero dettaglino.
“Figa ‘sta copertina.”
“Guarda i nomi dei compositori.”
“Và che sangue! Và che roba! Và che occhi!”
“Guarda i nome dei compositori.”
“Anche le vene bluastre e le vescich-”
“E GUARDA I NOMI!”
Controllo la copertina del disco e leggo: “Massimo Checchetto e Luca Fattoretto.”
L’osservazione è immediata.
Io: “Coraggiosa l’idea di associare un albo a fumetti ad una propria colonna sonora. È una cosa che adoro e che ho scoperto solo con Melvile di Romain Renard. E poi vedo che per le musiche di Life Zero c’è un altro Checchetto…”
Marco: “Sì, disegnando e pensando all’ambientazione di Life Zero mi sono chiesto se fosse possibile dare un’ulteriore dimensione al lettore. Come ti ho appena detto sono un grande appassionato di colonne sonore, quindi ho chiesto a mio fratello: «Hey, me la faresti una colonna sonora Carpenteriana per Life Zero?» Il risultato è il disco che avete fra le mani. Sicuramente leggere Life Zero ascoltandolo permette un’immersione migliore in questo mondo maledetto.”
Io: “Hai apprezzato il tuo lavorare con Greg Rucka, ma hai qualche altro sogno fumettistico nel cassetto? Mi piacerebbe molto vederti alle prese con Garth Ennis…”
Marco: “Ah sì! Sono due le persone con le quali, a parte Greg, voglio assolutamente lavorare almeno una volta nella vita: Garth Ennis e Mark Millar, sono tra i miei scrittori preferiti, ma anche Charles Soule mi sta piacendo molto sulla storia di Obi-Wan Kenobi che sto disegnando in questo periodo. Certo, fare una run con il Punitore e Garth Ennis…”
Sorrido anche io pensando a ciò che potrebbe venir fuori, magari un ritorno in grande stile del Barracuda.
Vedi anche: Goran Parlov, mercenario, squali, sangue.
Sogno ad occhi aperti e preparo la prossima domanda, voglio andare più a fondo.
Io: “Com’è la realtà del fumetto vista dall’interno? È un lavoro duro ed è come te l’aspettavi all’inizio?”
Marco: “Assolutamente no, non me l’aspettavo così. Essendo fumetti è facile pensare solo al lato ludico del lavoro, in realtà è molto impegnativo e richiede rigore e serietà. Poi dipende dall’autore, io lavoro molto perché mi piace quello che faccio è una passione incontrollata. La realtà americana è comunque diversa da quella italiana. Il mondo del fumetto d’oltreoceano è molto autore-centrico, l’uscita di una nuova serie viene pubblicizzata con i nomi del team creativo scelto, in Italia invece si tende a mettere il personaggio in primo piano.”
“Poco tempo e tanto lavoro… immagino che, talento a parte, bisogna essere molto produttivi per andare davvero avanti.”
Marco: “Esatto, nessuno ti richiamerà mai al lavoro se per fare una tavola ci metti due mesi. Bisogna essere veloci, professionali e bravi. È un campo molto competitivo.”
Inarco piano la schiena e mi tendo per l’ultima domanda.
“La tua carriera, dopo un breve periodo in Italia, si è spostata quasi subito in America. Conosci e hai avuto a che fare con due realtà fumettistiche molto diverse, una basata sugli autori e l’altra sui personaggi, una più dinamica e una più statica, ma veniamo adesso al fumetto indipendente e agli autori emergenti. Qual è la differenza fra Italia e Stati Uniti per uno sceneggiatore o un disegnatore che vuole emergere nel campo del fumetto? E, se questa differenza c’è, a cosa può essere attribuita? Son delle domande a cui ho provato a rispondere anche io, e più volte mi son chiesto perché dei fumettisti che online vengono seguiti anche da qualche migliaio di persone non riescano a trovare neanche un piccolo editore disposto a scommettere su di loro. Beh, mi sono dato tre risposte. La prima è che, magari, il mercato editoriale italiano sia semplicemente “pigro”. Ma è una risposta codarda e non mi piace. La seconda è che il lettore che trova interessante una certa cosa online poi magari non sia disposto a spenderci dei soldi sopra. Tanto troverà sempre, bene o male, un sostituto o un autore simile da qualche parte sul web. La terza, invece, è che con internet il livello del fumetto sia generalmente sceso: tutti vogliono disegnare qualcosa e riempiono la rete di strisce, storie e vignette. Roba che, magari, non vale granché. Per cui il lettore medio, abituato adesso ad una cultura del fumetto fatta su strisce online, ha abbassato le proprie aspettative e ciò ha abbassato il livello del fumetto in genere… ma con un livello dell’editoria che è invece rimasto elevato. Ciò significa che magari, se molti autori non vengono pubblicati, è proprio perché quel loro successo online è solo apparente e non giustifica, qualitativamente, una pubblicazione su carta.”
Marco mi guarda sgranando gli occhi. Spiderman sul foglio è rimasto a metà, con un mezzo occhio che pare sciogliersi sullo sfondo.
“Cioè, voglio dire, sono robe a cui ho pensato, non dico che siano giuste o vere per forza. Davvero non saprei, lo chiedo a te. Tu cosa ne pensi…?”
Il disegnatore appoggia i pastelli sul tavolo e riflette per qualche secondo: “Alla faccia della domandina, eh?”
“Ma lo vedi che sei un rompicazzo?”
“Poi non ti chiedere perché non scopi.”
“Ma infatti non me lo chiedo. Lo so benissimo.”
Marco fa un respiro profondo e inizia a rispondere: “Beh, in America c’è sicuramente un ambiente più produttivo e più libero. Moltissimi autori emergenti possono appoggiarsi a tante testate che pubblicano ad altissimi livelli: c’è la Marvel, la DC, l’Image, la Dark Horse, l’IDW. Insomma sono tantissime le case editrici che danno l’opportunità a giovani disegnatori di mettersi alla prova con il pubblico, sarà lui ad amarti o a sbranarti, ma l’opportunità c’è. In Italia, purtroppo o per fortuna, abbiamo la Sergio Bonelli, un colosso storico dell’editoria a fumetti di questo paese… il problema è che è da sola, non ci sono case editrici che permettono di coltivare un vero e proprio vivaio di artisti. Per cui un giovane autore che si affaccia nel mercato dell’editoria… beh, io stesso gli consiglierei l’autoproduzione. Ormai i costi di stampa non sono neanche così proibitivi, si riesce a fare un minimo di prodotto a proprie spese e a lanciarsi sul mercato senza problemi. Occhio, però, ci vuole comunque una preparazione: il lettore è inesorabile. Se non sei in gamba ti segano. Ecco perché è comunque importante rapportarsi con delle case editrici per avere un primo confronto con questo mondo e farsi dare dei consigli. L’importante è produrre e disegnare molto, se il talento è reale allora saranno i lettori a venire da te, così come le case editrici. Ciò non significa che sia facile iniziare a lavorare subito su un’idea propria, per creare qualcosa di realmente mio, come Life Zero, ho dovuto passare più di dieci anni di carriera.”
Sospira e continua: “Non è una strada semplice, molte volte devi accettare storie e lavori che non ti piacciono pur di farti notare, ma da qualche parte bisogna pur cominciare… Io, per dire, son partito dal porno!”
L’intervista finisce con una risata da parte di entrambi e dal gruppo di ragazzi, ormai a due passi da noi e partecipi dell’intervista. Gli stringo la mano e lo ringrazio della disponibilità, Marco è stato effettivamente molto più gentile di quel che meritassi e molto disponibile durante tutta la chiacchierata.
Mi allontano piano, gli ho già rubato troppo tempo e anche altri ragazzi meritano di tormentarlo per tutto quello che sembrerà essere un lungo, lunghissimo pomeriggio. Specie per l’autore che, tra richieste di sketch di Harrison Ford, foto, autografi e domande su film e serie a fumetti, probabilmente un mezzo rimpianto di non aver portato un taser l’ha avuto.
La prossima volta, Marco.
La prossima volta.
Il sole cala velocemente e il tempo nella fumetteria vola rapido. Dopo qualche ora la giornata si conclude, stringo un’ultima volta la mano a Marco e torno a casa felice come un bimbo la mattina di Natale stringendo contro di me i fumetti autografati e lo sketch del Punisher vinto quel giorno.
Vedi anche: dopamina, endorfina, serotonina.
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