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Tinder: sesso, amore e relazioni nel 2015

Scritto da Meeva

Ammettiamolo.

Noi fra i 20 ed i 30 anni siamo la generazione degli amori (im)mediati. Immediati perché, complici gli ormoni, l’età, il cambiamento dei costumi sessuali, tendiamo a imbarcarci in relazioni lampo, spesso claudicanti, in cui la parte fondata sull’attrattiva ha un ruolo preponderante. Mediati, perché ormai frequentemente accade che tali relazioni scaturiscano da conoscenze nate su applicazioni apposite.

Un esempio su tutti, la chiacchieratissima Tinder. Si tratta, come molti sanno, di una app nata con lo scopo di facilitare l’incontro, prima virtuale e poi reale, delle persone. In sostanza funziona così: si inseriscono i propri dati, usando il proprio profilo Facebook, una descrizione sommaria di sé stessi e il gioco è fatto. Si è connessi con tutti gli utilizzatori dell’app presenti nel raggio di pochi km. Qui inizia il divertimento o, da un altro punto di vista, il delirio. Tinder, infatti, vi presenterà una serie di potenziali nuove conoscenze: il vostro compito, in base a quanto pensiate vi piaccia quella particolare persona, è trascinare il dito sullo schermo verso destra se vorreste approfondire la conoscenza, verso sinistra se non vi interessa. A quel punto, se la persona ricambia l’interesse, si può iniziare a chattare e, in linea teorica, conoscersi meglio. Nulla di più facile, all’apparenza.

Bene.

Per quanto io non sia la più socievole delle creature umane e, dunque, in linea teorica potrei beneficiare non poco dell’uso di Tinder, trovo che questo meccanismo sia tanto in linea con i tempi quanto desolante. In linea con i tempi perché è un approccio facile, flessibile, che richiede poco dispendio di tempo ed energie, sia mentali che fisiche: nel 2015 sono sempre meno le persone disposte a dedicare del tempo agli altri ed alle relazioni approfondite. Desolante perché, mettendo in luce le falle presenti nel nostro tessuto sociale, non fa altro che ampliarle ancora di più.

È la logica del marketing e gli sviluppatori dell’applicazione sono maestri nello sfruttarne i meccanismi. Sul blog dell’app si legge: Tinder: it’s free, it’s fun and it’s the fastest, easiest way to meet new people.

Ora. È assolutamente vero che è un’applicazione libera. Ma ho qualche dubbio sul fatto che sia divertente e, soprattutto, che sia il modo più semplice e veloce per incontrare persone.

È divertente se lo si prende come esperimento sociale. Per un paio di giorni può far bene alla propria autostima tenere il conto di quanti apprezzamenti si ricevono (apprezzamenti, fra l’altro, basati su una foto e un paio di parole); sempre per un paio di giorni può essere divertente osservare le tipologie di essere umano che usano Tinder. Ce n’è davvero per tutti i gusti, dal ragazzo un po’ timido, al wannabe dongiovanni, dalla ragazza pseudointellettuale alla signora di una certa età in cerca di un po’ di brio.

Ma poi basta. Perché davvero è desolante pensare che, in fondo, quel che si sta facendo non è poi molto diverso dal valutare qualcuno in base a come ha deciso di presentarsi su di una vetrina per incontri. Quello che si può vedere dell’altro è l’immagine distorta di come lui (o lei) vuole essere percepito. Un tripudio di mediazioni e di esposizione protetta del proprio sé.

Si può pensare che non sia poi molto diverso da quello che succede quotidianamente. Quando si incontra qualcuno per la prima volta ci si approccia con l’immagine che quel qualcuno vuole dare di sé e, altrettanto sicuramente, l’aspetto fisico ha un peso notevole. Quindi perché Tinder sarebbe diverso?

Per una serie di motivi, primo fra tutti il fatto che se si usa un’app per incontri è implicito che si voglia conoscere qualcuno. Ed è una disposizione mentale che si discosta di molto da quella in cui ci si può trovare nella vita di tutti i giorni. Questa predisposizione può portare a forzare le cose, a distorcerle.

Un’altra differenza risiede nel modo in cui funzionano i primi contatti con l’altra persona. Tinder, infatti, si basa su un algoritmo che accoppia i profili sulla base del reciproco interesse espresso. Apparentemente è quanto di più realistico si possa chiedere. In realtà non del tutto. Nella vita di ogni giorno, infatti, difficilmente non si scambierebbe nemmeno qualche parola con una persona che non giudichiamo attraente a primo impatto. Questo se non altro perché ci si troverebbe immersi in un contesto sociale che non permetterebbe facilmente un tale comportamento.

Inoltre, le applicazioni di questo tipo paiono aver sdoganato del tutto le relazioni e gli incontri nati con persone conosciute in rete. Fino a qualche anno fa era molto più difficile trovare qualcuno disposto ad ammettere di aver usato, almeno una volta nella vita, una chat o un sito di incontri. In qualche modo, attorno ad essi aleggiava un senso di mistero o, comunque, di non detto. Come se fosse qualcosa di sbagliato a prescindere.

In realtà (e questo vale sia per le app che per le chat), si tratta solo di strumenti.

Non sono gli strumenti ad essere sbagliati, ma l’uso che ne può venir fatto. A tal proposito, sempre scorrendo sul blog di Tinder, si legge: we’ve noticed that a small number of users only swipe right just to see who likes them back.

Quindi, esiste una fetta di persone che usano queste applicazioni per rinforzare la propria autostima, navigando a vista in un mare magnum di potenziali partner che tutto sommato non interessano loro. L’apoteosi del narcisismo e dell’insicurezza, che sono poi due aspetti legati a doppio filo fra loro. Aspetti che, in fin dei conti, rappresentano bene le colonne portanti della società in cui viviamo, in cui l’apparenza è più importante della sostanza, in cui tutto è consumismo, comprese le relazioni sessuali e d’amore.

Date un’occhiata a questo video:

Con i suoi toni scanzonati e un po’ provocatori sottolinea quanto siano cambiate (e stiano ancora cambiando) le relazioni, sfociando in una sorta di cinismo socialmente accettato e, da un certo punto di vista, salvifico. Perché senza il filtro del cinismo saremmo probabilmente tutti costretti ad affrontare il fatto che i rapporti si stanno sfilacciando sempre più.

Ma mi fermo qui. Non voglio che le mie parole prendano la piega del pippone moraleggiante. Non è questo lo scopo. E non lo è perché anche io, da giovane donna, faccio parte della generazione sempre connessa, sempre di corsa, sempre ansiosa di bruciare le esperienze e di bersi la vita.

Forse non c’è nemmeno un giusto o uno sbagliato, in tutto questo. Forse hanno capito tutto gli sviluppatori dell’app: hanno visto come gira il mondo e stanno semplicemente cavalcando l’onda. O forse hanno capito tutto quelli che, come me, continuano a pensare che quattro chiacchiere davanti ad una birra siano comunque migliori di un match su Tinder.

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Meeva

Laureanda in Neuroscienze, tanguera a tempo perso, blogger con un po' di esperienza. Scrivo fin dalla più tenera età e cerco di farlo decentemente. Mille progetti e sempre poco tempo.
Cerco di conciliare scienza e scrittura, con risultati che... beh, giudicherete voi.

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