Noise presenta l’angolo dell’infedele.
Sono io, Noise che consiglia film e libri.
L’infedele nasce dal detto del nuovo millennio “non è fedele al libro”.
Quindi ne L’infedele scriverò solo di film adattati dai libri.
Non sarò qui a dirvi la regia, il montaggio, ma come si intersecano queste opere nel mia quotidianità e di come colpiscono in entrambi i modi vengono proposti.
Il primo tandem è “Ogni cosa è illuminata” libro di Jonathan Safran Foer e film di Liev Schreiber con Elijah Wood e Eugene Hütz.
Allora, messa così sembrano un bel po’ di sconosciuti tranne che per Elijah Wood (noto per il ruolo di Frodo nel Signore degli Anelli) e Eugene Hutz (per chi mastica musica balcanica il frontman dei Gogol Bordello). Liev Schreiber, invece è uno di quegli attori da mille ruoli secondari che nessuno si ricorda mai, che in questo caso si occupa sia della regia e della sceneggiatura, facendo un ottimo lavoro nonostante per lui sia la prima e finora ultima prova da regista. Tutto, però si basa sulle parole e la vita di Safran Foer, poiché, il romanzo autobiografico con tanta nostalgia e poco spirito di sopravvivenza ci mostra il viaggio sia fisico che spirituale che lo scrittore compì sulle orme della sua famiglia in Ucraina.
Essenzialmente è la storia di un viaggio o meglio di una ricerca verso le proprie origini. Il protagonista è ossessionato dalla senso di ricerca, tutti i pezzi della sua famiglia li prende e li mette in delle bustine. Le prime cose che gli accadono avvengono proprio perché l’ultimo membro della sua famiglia, la nonna, muore lasciandogli una foto e una collana. Non è la semplice creazione di un albero genealogico è proprio scavare nel fondo di se stessi fino alle proprie radici. Il giovane Jonhathan rappresenta tutti quei giovani trapiantati in una terra estranea, senza aver mai conosciuto gli usi e i costumi di quella originaria, con la quale inevitabilmente, si scontrerà. Lo scontro non farà altro che creare confusione in lui; un sorriso ironico e un pizzico di commozione nello spettatore.
Ma il viaggio coinvolgerà anche i due che decidono di accompagnarlo nei meandri dell’Ucraina: Alex “Sasha” Perchov, suo nonno finto cieco e il cagnolino Sammy Davies Junior Junior.
“Ogni cosa è illuminata” è un racconto non scontato sull’eccidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Le parole magnetiche di Safran Foer si dipanano tre diversi registri: il primo, Alex, il giovane che vive in una realtà che gli sta stretta e continua a credere nel sogno americano. Il secondo, quello del passato, del villaggio di Agustina e del rabbino. Il terzo, quello di Jonathan grazie al quale tutto viene messo in moto.
Nel romanzo i tre registri sono divisi da differenti scelte stilistiche, da diversi caratteri e dal diverso modo di rapportarsi col lettore. Delle volte è un confidente, altre un investigatore e altre ancora è semplicemente un placido osservatore.
Invece nel film, nonostante una sorta di ingenuità di base, la regia, la scrittura e la fotografia amalgamano i tre registri in un solo monolite in grado di emozionarmi ogni volta che arrivo al finale. Questo viaggio insegna, senza moralismi, a non smettere di farsi delle domande su quelle che è la propria identità e a non dimenticarla, raccogliendo tutti i pezzi che ci aiutano nella ricerca.
Leggetelo, guardatelo e scoprirete che anche voi vorrete andare a Trochenbrod. Che vorrete perdervi in un campo di girasoli e passare a cuor contento, ma emozionato un po’ del vostro tempo.
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