Cronache di uno Studente Fuori Sede ESPERIMENTI LETTERARI

Cronache di uno Studente Fuori Sede – Capitolo 3: La saga di Daniela. Parte VIII: Highlander, ne resterà soltanto uno

Scritto da Rorschach

“Cronache di uno studente fuorisede” è, fra le altre cose, un esperimento narrativo. La scrittura non è lineare, le frasi sottolineate indicano i pensieri che mi son balenati in testa, quelle in grassetto sono relative alla mia parte razionale e quelle in corsivo alla mia parte emotiva. Il risultato potrebbe sembrare strano e un po’ schizofrenico. Beh, lo è.
Continua la saga di Daniela, la coinquilina che tutti (non) vorrebbero.
La vendetta è stata preparata nei minimi dettagli. Adesso non resta che chiudere la storia una volta per tutte. Se non hai mai letto queste Cronache inizia qua, se invece ti sei perso la Saga di Daniela inizia da qua.

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Parte VIII: Highlander, ne resterà soltanto uno

È mezzanotte e l’aria è pungente.
I piedi sono freddi, le mani rigide e il respiro mi si blocca appena mentre salgo le scale, silenzioso come un dannatissimo angelo vendicatore.

Non era necessario farla finire così.

Sono le otto di mattina e mi sono appena svegliato. Mi metto le pantofole e vado in bagno per farmi la barba. Daniela si è svegliata e mi saluta con un cenno di capo: la guerra fredda continua imperterrita.
Mi appoggio al lavandino con le mani e mi guardo allo specchio.

Diamine, siamo uno straccio.”

Passo la schiuma sulle guance e prendo il rasoio iniziando a radermi. Nel frattempo ripenso a quel che mi era venuto in mente la sera prima.

È proprio necessario?”
Alla fine non è così pesante, più che altro è sconcertante…”
Ragazzi siete usciti di senno se avete pensato ad una cosa del genere.”
Vedi che tu sei noi. Volente o nolente ci hai dato una mano anche tu.”
Ma poi, scusa, non ti avevo messo in quarantena?”
Già
Rimedio subito.”
Merda.”

Vado a fare colazione e mi preparo del tè, tutto sommato sono abbastanza allegro e ascolto Mama di Phil Collins mentre inzuppo qualche biscotto.
Mentre la mia melodia va avanti sento un sospiro provenire dal bagno.

“ODDIO!! ANOOON!! MA TI RENDI CONTO DI CHE HAI LASCIATO IN BAGNO?”

È ancora lei…”
Maledetta, è inarrestabile.”

Mi alzo e vado verso il corridoio strofinando svogliatamente le pantofole, ancora la tazza di tè in mano. Entro nel bagno appoggiando la spalla contro lo stipite.

“Che succede stavolta? T’è tornato il mestruo?”
“Smettila! Guarda il lavandino!”
Abbasso lo sguardo.
“Quindi?”
“Che cosa vedi?”
“Una lastra concava in porcellana lucida e un rubinetto arrugginito. Vuoi la composizione chimica? Beh è di derivazione argillosa quindi immagino ioni di alluminio e calcio idr-”
“SMETTILA!”
“Allora cosa dovrei vedere esattamente?”
“Avvicinati bene. Che cosa vedi?”

Abbasso la testa e mi avvicino meglio. Non c’è nulla.

Forse è una domanda a trabocchetto.”

Provo ad indovinare la risposta: “Il bambino che è dentro di me?”
“Ah-ah-ah. Che simpatico.”
Si avvicina e punta un suo dito corto e grasso contro il fondo del lavandino. “Guarda qua.”

Mi avvicino di qualche altro centimetro e vedo quello a cui si riferisce.

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“Ma stai scherzando? Dai okey che non è pulitissimo, ma sono due pelucchi.”
“Due pelucchi? DUE PELUCCHI?!? SONO RACCAPRICCIANTI!!!”
“RACCAPRICCIANTI? IO HO DOVUTO RACCOGLIERE I TUOI FOTTUTI ASSORBENTI ZUPPI DI SANGUE SPARSI PER TERRA!”
“Ma cosa c’entra! Quella è una roba fisiologica!”
“Pure mancare il cestino?”
“Senti è diverso! Io sono una donna e ai peli maschili sono sensibile, mi fanno schifo. Ma si può sapere che ci fai tu in questo lavandino?”
Inclino la testa di lato abbassando la fronte: “Daniela. NON vuoi sapere ciò che faccio nel lavandino. Fidati.”
“Oddio. Comunque che schifo dai. Mi fanno proprio schifoschifoschifo ‘sti peli.”
“Schifo.”
“Eh.”
“Ma davvero.”
“Già, mivengonodeibrividichepropriobbbrrrrrr”

Una pippa pazzesca per due pelucchi?”
Sai che ha ragione, vero?”
Zitto tu.”

“Bene. Non ti preoccupare, pulisco prima di andare in facoltà.”
“Oh, okay! Grazie Anon!”
“Ma figurati dai.”

Va in camera e si inizia a cambiare, io finisco colazione. Mentre lavo la tazza e il cucchiaino sento una foschia putrescente inondare la stanza accarezzandomi con invisibili dita marce e fumose la schiena: Belial sta tornando all’attacco.

“AnooOooOOn?”
Incasso la testa fra le spalle e bisbiglio: “Sei tu, Satana?”
“Ahahah! Che scemo che sei! Comunque ti volevo ringraziare per la disponibilità.”
“Per cosa?”
“Per il lavandino, hai detto che l’avresti pulito…”
“Ah si certo. Nessun problema.”
“Oh, bene. Sai, dalla scorsa sera credevo che le cose fra noi si stessero rovinando…”
“Ma no Daniela. Tranquilla. Anzi, adesso vado un attimo in camera e faccio il bagno.”

Si. Certo.”

“OooOoOooohh!! Che bravo che sei! Però sbrigati che devo andare a lavoro! E mi raccomando! Neanche un pelucchio! Mi fanno senso!”
“Certo Daniela. Tranquilla.”

Vado un attimo in camera e prendo delle forbicine, dopodiché sorrido al mio peloso demone sulfureo e mi incammino verso il bagno. Il suo sguardo è di pura soddisfazione: le labbra sono leggermente sollevate in un ghigno appagato, le braccia incrociate e le spalle prepotentemente distese.

Credi di avermi in pugno eh?”
Behmobbastaveramente.”
Dovevi aggiungere il ‘però’…”
Che?”
Se proprio vuoi fare una citazione falla bene…”
Zitto.”

Mi chiudo in bagno e mi metto all’opera.
Passano 5 minuti.
Passano 10 minuti.
Passano 15 minuti.

Da fuori sento una voce perplessa contro la porta.
“Anon, ma… Non hai bisogno del detersivo? L’hai lasciato qua.”
“Stai tranquilla Daniela, tra poco sarà tutto bello e lindo.”

Dò un’altra spuntatina, aggiusto un pochetto et voilà, il mio capolavoro è pronto.
Lo guardo con siddisfazione per qualche istante prima di uscire dalla porta fischiettando.
Daniela è in camera e si sta truccando allo specchio. Sento gridarla dalla dietro porta.
“Beh? Hai fatto?”
Non le rispondo e vado a cambiarmi, pronto per andare in facoltà.

Proprio nel momento in cui esco di casa sento la porta della sua camera aprirsi e i suoi passi dirigersi verso il bagno. Accenno un sorriso sadico e inizio a scendere le scale lentamente.

Mentre i miei piedi sbattono delicatamente sui gradini, uno alla volta, accade: un grido femminile disperato scuote tutto l’appartamento. Già mi immagino la sua faccia, con gli occhi spalancati e le mani contratte contro le guance.

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Apro il portone del condominio ed esco per strada facendo un profondo respiro di fresca aria mattutina.

Aaah, mi piace l’odore di vendetta al mattino.”

Vado in facoltà e torno in casa verso le sei di sera. Appena apro il portone sento qualcuno che piange in salone.
“Daniela, ci sei?”
Sento solo sospiri e singhiozzi. Supero l’ingresso e prendo il corridoio, entrando in salone.
Trovo la mia Kālī seduta sul divano con i gomiti appoggiati sulle ginocchia mentre piange.

Si sarà cagata addosso un’altra volta?”

Provo a non sorridere e dipingo sul mio volto la stessa faccia che farebbe un cerbiattino che non riesce a trovare la mamma.
“Andiamo, erano solo due pelucchi eh… Non esagerare adesso. Capisco che hai la fobia dei peli, ma era uno scherzetto bonario. Suvvia!”
“-sniff-sniff- H-h-hey A-a-anon… Oggi è andato tutto storto… Stamattina hai fatto lo stronzo con i peli… Non mi sono potuta più lavare…”
“Sai che novità…”
“Che?”
“Dai scusami, era solo una piccola burla studentesca. Spero che non te la sia presa poi così tanto.”
“Beh insomma eh. È che poi… Niente, non volevo toccarli allora ho dovuto soffiarli via con il fòn. -sniff-sniff- poi li ho raccolti con l’aspirapolvere. P-p-però quei tuoi cazzo di peli erano troppo ricci e -sniff-sniff- hanno otturato il filtro. Allora ho provato ad aprirlo e il sacchetto era così pieno che è esploso invadendo il bagno di polvere e peli. -sniff-sniff- S-s-sono stata costretta a cambiare filtro e a passare di nuovo l’aspirapolvere. Poi ho controllato l’orologio e mi son resa conto che ero in ritardo per il lavoro. Quindi sono andata in tutta fretta a prendere qualcosa da mangiare e da bere nel frigo e sono scesa in macchina e… Beh, è successo qualcosa di incredibile.”

Un brivido mi attraversa le braccia sollevando i peli.

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“Ovvero?”

“Avevo preso una bottiglietta di Coca mezza aperta… non sapevo di chi fosse ma poi l’avrei sicuramente ricomprata… E insomma la butto sul sedile di dietro e mentre apro il cancello del condominio sento un’esplosione pazzesca.

WOW!! Lo scherzo era progettato per far cadere le Mentos MENTRE si apriva la bottiglia, non avevo pensato a questa variante…”
L’ha presa e buttata sul sedile, la Cola e le Mentos si son mischiate subito ed è esploso tutto, pazzesco.”
Sai che se fosse successo durante la guida potevamo causare un incidente con più di una vittima, vero?”
E noi ce lo siamo perso!
Non era quello il punto, imbecille amorale.”
Era ESATTAMENTE quello.”
Io volevo solo farle fare una doccia di Coca in casa…”
Invece è andata decisamente meglio del previsto!

Sgrano gli occhi e mi mordo un labbro per non provare a sorridere: “Quindi?”
“Q-q-quindi ho dovuto chiamare la caposala, le ho detto che stavo male e non potevo andare a lavoro. La macchina era TUTTA zuppa… PIENA di… questa… poltiglia…”
Riprende a piangere infossando la faccia in dei fazzoletti bianchi e gialli a brandelli.

Mi avvicino a lei e mi ci siedo accanto.

DAMMI IL TUO DOLORE. DAMMELO.”

Le poggio una mano sulla spalla accarezzandogliela piano assorbendo la sua energia vitale.
“Su su, che sarà mai, immagino l’abbia portata a lavare no? Vedrai che si sistemerà tutto…”
“S-s-si, però mi hanno detto che ci vogliono almeno due giorni per sfoderare i sedili e lavarla tutta per bene… Costerà un sacco -sniff-sniff-”
“E poi… È successo dell’altro? Non può esser andato tutto storto…”
Smette di singhiozzare senza staccare la faccia da quel lurido fazzoletto marcio.
“B-b-bhe -sniff-sniff- ero a casa e oggi è stata una bella giornata… Ho pensato di fare delle lavatrici mentre andavo a fare la spesa…”
Appoggio la schiena con soddisfazione contro il divano, i miei polpastrelli sulla sua spalla si riscaldano leggermente, ecco che arriva la notizia.
“…Eh?”
“Niente, sono tornata, ho messo le robe nella bacinella e poi ho caricato un’altra lavatrice. Volevo che lavasse mentre portavo la macchina a lavare…”
“Mh-mh… Vai avanti…”
“Insomma ho fatto un po’ di lavaggi e poi quando mi son messa a stendere…” riprende a piangere “ho trovato questo!!”
Mi mostra quello che mi sembrava il fazzoletto giallino e bucherellato. Lo guardo meglio: era la sua maglietta preferita. Di seta.
Abbasso lo sguardo e vedo le ceste ai suoi piedi: mutande, lenzuola, magliette di cotone, maglioni di lana, canottiere e calze. Sono tutte totalmente sbiadite e bucherellate. Inutilizzabili neanche per un rispettabile delinquente rumeno di strada cui dobbiamo rispettare la cultura e tradizioni compreso l’accattonaggio, lo spaccio e il furto con scasso.

Mi sa che la Varechina ha funzionato eh.”
Quanto ne avevamo messa?”
Mezzo litro con 100ml di detersivo normale.”

OOOOHHH Arrrgh!

“Come è successo?”
“Non ne ho idea! -sniff-sniff- Ho fatto tutto come al solito!”

Usando il mio detersivo immagino.”
SURPRISE, MOTHERFUCKER!!

Serro i denti inspirando leggermente dalla bocca sibilando piano come un serpente.
Dopamina, vieni a me.

“E quanti lavaggi hai fatto?”
Eccola che arriva.
“Quattro… Si è rovinato tutto, non ho quasi più mutande, per non parlare delle magliette…”
Affonda ancora la faccia fra quei poveri cotoni distrutti e riprende a piangere e lamentarsi.

Stacco la mano dalla sua spalla e mi alzo.
La guardo e mentre mi allontano le mento: “Mi dispiace tanto Daniela, davvero.”

La lascio lì, mentre singhiozza debolmente, e vado a prepararmi qualcosa da mangiare escludendo fra i miei cibi gli alimenti precedentemente avvelenati con il Guttalax. Dopo aver terminato un pasto a base di pasta con tonno, olive e fagioli vado a farmi una doccia.

L’acqua calda mi scivola sulla testa, ho le spalle appoggiate al muro e gli occhi chiusi.

Dobbiamo farlo davvero?”
Quando il nemico è riposato, devi essere in grado di stancarlo; quando è ben nutrito, di farlo morire di fame. Sun-Tsu, l’arte della guerra, capitolo 6.”
Non incalzare un nemico agli stremi. Sun-Tsu, l’arte della guerra, capitolo 7.”
Ma te vo’ sta zitto?
Ci ha spinto davvero al limite. Dovremo farlo.”

Esco dalla doccia e mi vesto. Faccio per uscire di casa e mi affaccio in cucina, Daniela sta mangiando del pollo fritto, due uova, un’intera fetta di provolone e dei ceci in scatola.

“Io vado in discoteca. Ci vediamo domattina.”
“Oh… Va bene, divertiti.”
“Lo farò, ciao!”

Scendo le scale ed esco per strada. Infilo le mani nelle tasche della giacca e infosso il mento fra le spalle per proteggermi dal freddo.
Sono le dieci di sera e l’aria è frizzante.
Le spalle sono distese, le mani chiuse in due pugni secchi e il respiro mi si blocca appena mentre cammino per strada.
Faccio il giro dell’isolato e ritorno davanti casa. Alzo lo sguardo con occhi freddi e decisi: dalla finestra della cucina si vede ancora della luce.
Entro nel cortile del condominio e mi siedo sotto un albero, al buio, lo sguardo fisso su casa mia.
Prendo il tabacco dalla tasca e rollo pigramente una sigaretta, la accendo e inizio a fumarla a boccate calme e profonde.

Aspetto lentamente, senza fretta. Sono Argo.
Assaporo la tensione che mi scende dalla testa fino ai piedi per poi risalire. Sono Quinto Fabio Massimo.
Socchiudo gli occhi rivivendo ogni momento di stress che ho vissuto negli ultimi quattro mesi. Sono Frank Castle.

Passa un’ora e io resto lì, seduto e pacato.

Aspetto.

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Sono le undici di sera e l’aria è irrequieta.
Le gambe sono indolenzite, le mani tremano leggermente per il freddo e il respiro è calmo, scandito da piccole nuvolette scure di fumo di tabacco.
La luce della cucina finalmente si spegne.

Ci siamo.”

Mi alzo e faccio il giro della casa, appoggiandomi contro un muretto vedo la luce della camera sua che si accende.

Ora si starà cambiando.”

Aspetto lentamente, senza fretta. Sono Siddharta.
Assaporo la tensione che mi scende dalla testa fino ai piedi per poi risalire. Sono Ted Bundy.
Socchiudo gli occhi rivivendo ogni momento di stress che ho vissuto negli ultimi quattro mesi. Sono il Generale Custer.

Le sigarette volano una dopo l’altra come in un film di Martin Scorsese, mentre i miei occhi socchiusi seguono ogni movimento del maligno dentro casa.

Ora ha acceso la luce in bagno. Ora è tornata in salone, starà chiamando i suoi. Ora è di nuovo in camera sua.”

Passa mezzora prima che spenga tutte le luci.

Finalmente. Si è messa a letto.”

Aspetto un’altra mezzora, per sicurezza.

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È mezzanotte e l’aria è pungente.
I piedi sono freddi, le mani rigide e il respiro mi si blocca appena mentre salgo le scale, silenzioso come un dannatissimo angelo vendicatore.

Non era necessario farla finire così.

Mi sfilo le scarpe e le lascio fuori dalla porta, infilo lentamente le chiavi nella serratura e la apro piano senza far rumore. Entro dentro con passo felpato richiudendomi la porta alle spalle.
Passo dopo passo arrivo alla porta di Daniela. Appoggio l’orecchio e sento russare. Bene, ma devo essere sicuro. Abbasso la maniglia della porta e spingo un po’. Non si muove di un millimetro.
La pazza si è chiusa a chiave anche stanotte.

Perfetto.”

Vado in cucina e prendo un piattino di plastica. Dopodiché mi abbasso i pantaloni e ci faccio pipì dentro.

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Continuo piano piano, dosando il flusso finché non riempio il fondo per appena 3 millimetri.
Mi rivesto e apro il freezer, infilandoci dentro il piattino.
Faccio la stessa cosa con altri tre piattini di plastica, riuscendo a metterli tutti nel freezer perfettamente in piano.

Bene. Adesso aspettiamo.”

Vado in camera mia e mi metto a leggere.

È l’una e l’atmosfera è densa di elettricità.
I piedi sono caldi, le mani sfogliano delicatamente le pagine del mio libro e il respiro è silenzioso.

Mi alzo e torno in cucina, apro il freezer e controllo la situazione: i quattro dischi di pipì sono pronti.
Prendo i piattini di plastica e mi dirigo verso la camera del mostro.
Mi inginocchio contro lo stipite, stacco un disco dal piattino di plastica e lo faccio scivolare sotto la porta, dentro la sua camera, in direzione del suo letto. Lo vedo sfilar via senza il minimo attrito e con il massimo silenzio.
Bene.
Faccio la stessa cosa con gli atri tre. Uno alla volta li stacco dal piattino e li faccio scivolare sotto la porta.

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Quando ho finito mi rialzo, vado a lavarmi le mani, mi rimetto la giacca ed esco di casa chiudendomi la porta alle spalle. Sul pianerottolo rinfilo le scarpe e sollevo la zip della giacca, poi scendo le scale ed esco.
Adesso sì che posso andare a ballare.
Lungo la strada butto i piattini di plastica e canticchio Lemon Song dei Led Zeppelin.

———

Sono le cinque del mattino e l’aria è fresca e colma di esalazioni alcooliche.
Pompo sui pedali e raggiungo casa, sono leggermente brillo e pronto a concludere il mio piano.
Parcheggio la bicicletta in garage e salgo le scale.

E adesso arriva l’alibi di ferro.”

Entro in casa e vado ad urtare volontariamente contro l’appendiabiti, facendolo cadere.
Inizio a cantare a voce alta, stonando come se fossi sfranto marcio:
“Liiiiviiiing afteer midniiiiight!!
Rockin’ tooo the daaawn!!
Loooviiin’ ’til the mooorning!
Then I’m goooone, I’M GOOOOOONEEEEE!!!”

Un grido viene dalla camera del mio Painkiller: “ANON CAZZO SONO LE CINQUE!!!”

Faccio finta di non sentirla:
“Got gleaming chrooome, reflecting steeeeel!!
Loooaded, looooaded!!
Ready to taaaaake ooooon every deal!!
Loaded, loaded!!!
My pulse is racing, I’m hot to take!! THIS MOTOR’S REVVEEED UP, FIIIIT TOOO BREEEEEAAAK!!!”

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Un boato scuote l’appartamento mentre sento il mio Tanuki demoniaco che si alza dal letto accendendo la luce: “MA TI VUOI STARE ZITTO PORC-”

Si interrompe.

“Liiiiviiiing afteer midniiiiight!! Rockin’ tooo the daaawn!!”
Sento la sua porta aprirsi dopo due giri di chiave.
“A-a-non, stai zitto per favore…”
“Loooviiin’ ’til the mooorning! Then I’m-… Ehilà, shiao!”
“S-s-senti, ma tu sei tornato ora?”
“Eh già, shono uscitoh versho le dieci, r-r-hic!-ordi?”
Parlo da perfetto ubriacone scozzese.
“Ma p-perché? È shuccessho qualcosha?”
“No è che… ho trovato del…”
Mi accascio a terra riprendendo a cantare: “IIIIIII’m aiming for yaaaa!! IIIIII’m gonna floor yaaaaa!! Myyyy body’s coooming!! AAAALL NIIIIGHT LOOOOOOOONG!! Shcusha… Hai trovato cosha?”
“N-n-niente…”
I suoi occhi sono spalancati, incerti, dubbiosi. Non capisce.
“B-beh ora torno a letto… Per favore fai silenzio.”
“MASSHERTO!! *BUUUUUUUURP* ”

Ritorna in camera e si chiude la porta alle spalle, richiudendola ancora a chiave. Dall’ombra che vedo uscire da sotto lo stipite della porta mi sembra di vederla lì, in piedi, che guarda in basso. È immobile.
Mi alzo in piedi facilmente e entro in camera.

Già immagino quel che stai pensando, cara Daniela:
<<Ma come è possibile che abbia fatto la pipì per terra senza accorgermene?>>
<<Come fanno le lenzuola e il pigiama ad essere asciutti? >>
<<Com’è possibile che sia stato qualcun altro se mi chiudo sempre a chiave la sera?>>
<<E poi Anon è tornato solo adesso…>>
Impazzisci pure, vecchia mia. Te lo meriti tutto.

Vado a lavarmi i denti e poi mi metto a letto sereno.

Questa cosa è da malati mentali molto più del chiudersi a chiave la notte, lo sapete vero?
La vendetta è un piatto che va servito ripetutamente.”
Chissà se smetterà di romperci le scatole.”

 

—Epilogo—

Mi sveglio il giorno seguente e, come sempre, vado a prepararmi la colazione.
Sento lo scorrere d’acqua del rubinetto del bagno.

Miracolo: Daniela si sta lavando

Ad un certo punto, proprio mentre scarto un biscotto con una “x” incisa sul retro, rimettendolo nella busta, sento deboli singhiozzi provenire dalla fine del corridoio.
Sorrido e continuo a bere svogliatamente.

Dopo dieci minuti la sento entrare in cucina, mi volto appena per guardarla: ha gli occhi bassi, i capelli arruffati e un bel paio di occhiaie nere.
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto, poi mi alzo e vado a lavare la tazza e la caffettiera.

Mentre strofino la spugna contro il filtro della moka il gelido e appagante silenzio viene interrotto da una debolissima voce, la sua.
“Anon i-io… I-i-io credo di star impazzendo…”
La voce è tenue e fragile come una foglia secca, trema appena.
Mi volto verso di lei e mi asciugo le mani con uno strofinaccio.
“Daniela, buongiono! Scusami per stanotte eh. Dicevi?”
“C-credo di s-s-star impazzendo…”
“…Come mai? Perché lo dici?”
“N-n-niente, ieri sera è successa una cosa un po’ strana e… E stamattina mentre mi lavavo la faccia ho trovato una moneta da 5 centesimi nel sapone.”

CAZZO! LA MONETINA!! ME NE ERO DIMENTICATO!!
Oh Gesù…”
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!

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Quasi scoppio a riderle in faccia, sono costretto a mordermi la lingua per non farlo.

Continua a parlare: “Poi la caposala stamattina mi ha chiamato. È molto arrabbiata del fatto che ieri non sono andata al lavoro. Ma non ci posso tornare neanche oggi, ho la macchina a lavare -sniff-sniff- le ho pure spiegato la situazione, così come è accaduta, ma mi dice che sono solo scuse stupide e infantili. MA È SUCCESSO DAVVERO! QUELLA BOTTIGLIETTA È ESPLOSA DA SOLA!! M-m-ma non mi ha voluto credere… Anzi, mi ha pure data della bugiarda perchè ieri le avevo detto che ero malata… M-m-me ne ero dimenticata…”
Riprende a singhiozzare.
“Poi Giuseppe non si sta facendo sentire -sniff-sniff- litigo ancora con i miei. C-continua a farmi male lo stomaco, c-c-credo di a-aver preso un’intossicazione alimentare… S-s-sono pure rimasta senza lenzuola, m-m-mutande e vestiti… non ho più nulla! NULLA!! Non so che fare Anon… -sniff-sniff- Non so che fare…”

Asciugo la tazza con lo strofinaccio e poi la metto a posto.
“Neanche io.”

Continua a guardarmi mentre lacrime calde le rigano le guance: “-sniff-sniff- N-non potresti darmi una mano?”
Cammino verso l’uscita della cucina, mi fermo e mi volto un attimo sorridendo a labbra strette.

“Certo che potrei.”

Resto a guardarla per un po’ per poi riprendere a camminare verso camera.

 

—Epilogo dell’epilogo—

Daniela si trasferì dopo una settimana.

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VICTORY

Le cronache di uno studente fuorisede tornano dopo la pausa natalizia. Grazie a tutti i lettori che ci hanno seguito finora!

Ringrazio Tommaso Bujo per la foto di una meravigliosa Prato delle Valle innevata, copertina di questo episodio.

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Clicca QUA per il prossimo capitolo: La Confessione

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[Articolo originariamente postato su Cheesusfried.com QUA]

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Rorschach

Studente di ingegneria, lettore di fumetti, bassista occasionale, amministratore e scrittore sconclusionato.
Non credo nelle descrizioni da blogger e quello che leggo su internet, non dovreste farlo neanche voi. Forse. Chissà. Meh. Fanculo.