ESPERIMENTI LETTERARI Storie

Il mio cervello fottuto

Casa libera: un pacchetto di Camel, una mentina per l’alito, due preservativi e cento euro. Oggi per un po’, forse, sarò un uomo.
Suona il citofono. Pronto? Sali pure, terzo piano, famiglia Marchetto.
Lei si palesa. Alta, magra, occhiaia, molto truccata. Mentalmente la faccio girare, l’analizzo, le apro la bocca, la dentatura va bene, gli zigomi sono taglienti, seni un pelo cadenti, quelli di una donna.
La faccio entrare, sigaretta? Ne fumo una. Lei ha smesso.
Ieri ho finito il mio corso di meditazione, se mi impegno potrò trattenermi questa volta. Devo trattenermi. Se non va bene questa volta non so quanto la mia autostima mi farà alzare dal letto domani. Non so quanto tempo ci vorrà prima che io sia pronto per farlo con la mia ragazza.
La faccio sedere. Mangio una mentina. Le faccio mangiare una mentina. Non voglio sapori del cazzo mentre la bacio.
Ha gli occhi a palla: lo sguardo da pesce. Il mio tipo.
Mi chiede di usare il bagno, ha mangiato molto. In fondo al corridoio a destra. Metto luci soffuse, un disco di Chet Baker.
Ok, se fosse Jessica la farei sedere sul divano e la accarezzerei dolcemente in mezzo alle gambe prima di avventarmi.
Torna, mi chiede un’altra mentina e un bicchiere di acqua.
Ingoia il liquido.
Mi chiede se lo faremo qui o in camera, io le dico che la pago per un ora dandole i soldi: se si può useremo tutta la casa.
Sorride.
Sei teso mi dice.
Sì, sono teso rispondo.
Non devi: se lo sei ora non ti godrai il dolce.
Non capisce che lei ed io qua non centriamo niente. Il punto non è lei, non sono un puttaniere: questa è una simulazione, questo è il test.
Mi mette la mano sopra i pantaloni, mi accarezza il cazzo, mi si accosta, mi sussurra all’orecchio: fai di me ciò che vuoi, poi sorride.
Mi dimentico la simulazione, mi dimentico il test, il sangue pompa le vene e gonfia tutti i capillari e i tessuti del mio membro.

Caos.

Mi spinge sul divano.
Ho fame fa lei.
Io forse fraintendo, ma mi sbottono i pantaloni.
Posso essere ciò che voglio, oggi sarò un uomo. Ho un pene. Io sono un uomo.
Lei mi toglie i boxer ed in ginocchio davanti a me incomincia ad accarezzarmi il cazzo dalla base, dolcemente. Nel frattempo si sveste.
Conto all’indietro partendo da 60 in codice binario. Sono sensibile al piacere, e alle visioni celestiali. Fossi un pastorello che vede la Madonna eiaculerei istantaneamente. Non che ora sia diverso. Penso al corso di meditazione.

Tu sei ciò che vuoi, sei quel che vuoi, fai quel che vuoi, vuoi ogni cosa che puoi.

Io sono un uomo. Io ho un pene enorme. Io sono ogni cosa.
Sento il mio corpo tendersi. Le sue mani mi accarezzano le palle. Microsecondi. Sento i peli rizzarsi: si stanno allungando. La mia mascella si protrae. La tipa spalanca gli occhi.

Non sono venuto.

Il tuo pene è diventato enorme.
Il mio pene è enorme le rispondo.
Io posso essere ogni cosa che voglio.

Vieni qui, baciami.
Lei attonita esegue. La bacio.
Sa di menta, vomito e torta. La cosa mi eccita.
Ho fame, non ho mangiato. In frigo ho gli avenzi di una torta.
Una profitterol: molti bignè, impalati in forme piramidali, ricoperti di cioccolato temperato, ripieni di crema pasticciera.
Ho fame.

Sento rumori anomali.
Ho chiuso gli occhi troppo a lungo.
Li apro.

Il mio pene è una cazzo di torta.

Lei la sta divorando.

Urlo.

La stacco di dosso, mi alzo. La panna ricopre il pavimento e il divano.

Il mio pube è glassato, la sua bocca mastica pasticcera.

Crollo a terra.

Io sono un verme.

Striscio.

Mangio merda.

La tipa si mette due dita in gola e vomita.

Mi guarda sporca di ogni liquame.

Rabbrividisce.

Io sono calpestato.

 

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About the author

Emiliano Brazzoli

Potrei iniziare una lunga e tediosa introduzione che nessuno tanto leggerebbe, quindi voglio essere schietto: questo è solo un altro scrittore (per di più alle prime armi). Tratterò storie con il tema principale del surreale e/o del no sense: sono un tipo realista. In un mondo dove la gente ha come massima aspirazione far figli ogni cosa sembra normale.

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