ESPERIMENTI LETTERARI Il Trono di Ruspe

Il Trono di Ruspe – Capitolo 6: Fiducia

Scritto da Rorschach

Quella che state per leggere è una storia di pura fantasia. Ogni personaggio, nome citato, luogo e situazione non sono riferiti ad un contesto reale, ma sono da attribuirsi ad un mondo puramente immaginario. Ogni riferimento a fatti, luoghi, storie, situazioni e personaggi realmente esistenti è puramente casuale.

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 IL TRONO DI RUSPE

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Capitolo 6: Fiducia

 

L’uomo ha le braccia incrociate dietro la testa, le gambe stese sulla scrivania e il cappello verde militare calato sugli occhi. La grande finestra alle sue spalle è coperta da una veneziana socchiusa, strisce di luce orizzontali illuminano soffusamente la stanza. Il silenzio è intervallato dal fruscio delle pale del ventilatore sul soffitto.

Dei passi nel corridoio si avvicinano veloci, due soldati si aggiustano il berretto sulla fronte, poi bussano alla porta in legno.

L’uomo solleva piano gli occhi: “Mmmmhh?? Chi è?
I soldati rispondono da dietro lo stipite: “Tenente colonnello, signore, abbiamo una richiesta di intervento dalla squadra quattro, signore.
…Che?

La porta si apre e i due soldati entrano nella stanza mettendosi sull’attenti davanti la scrivania, palmo rivolto verso il basso poggiato sulla fronte e gomito sotto la spalla perché, cazzo, sono americani e non sanno come si fa un buon saluto militare. Okay scusate, riprendo.

L’inglese è fluente e deciso.

Signore, abbiamo ricevuto una richiesta di intervento dalla squadra quattro.
Non erano in ricognizione in qualche villaggio di spalamerda?
Signorsì, hanno sentito dei disordini: decine di uomini sono scappati da un villaggio vicino. Pare che ci sia un uomo dell’ISIS che sta cercando di portar via una ragazza da una casa poco distante da loro, signore.

Il tenente colonnello sposta i piedi dal tavolo e poggia le dita incrociandole sulla tavola di compensato.

Un solo uomo?
Signorsì, pare sia un’incursione solitaria non programmata. Hanno fatto un controllo radar e le ultime carte del satellite non mostrano nessuna base nei paraggi. Non ci sono mezzi nemici nei dintorni… solo quest’uomo che tenta di portar via la ragazza, signore.
Hanno controllato che non ci siano altri soldati nelle vicinanze?
Signore, è una capanna di fango lontana tre miglia nel deserto dal villaggio più vicino, ci sono solo donne e quest’uomo. Le donne sembrano in difficoltà, non riusciranno a trattenerlo per molto, signore.
Chi c’è con loro?
Signore, il capitano Ford è al comando della squadra, con lui ci sono altri nove uomini su due jeep. Controllano la situazione a vista da lontano col binocolo. Chiedono il permesso di intervenire, signore.

L’uomo si alza in piedi tendendo il braccio in avanti: “Mi faccia parlare con loro.

Il soldato si porta mano al fianco, una grande ricetrasmittente comincia a ronzare sotto la pressione di pulsanti e manopole. Dopo qualche istante il ragazzo la porge al tenente colonnello: “Signore, sono in linea, signore.

L’uomo porta la ricetrasmittente alla bocca premendo il tasto nero sotto lo schermo: “Qui tenente colonnello Trump, chiedo conferma della situazione.
Una voce disturbata da frequenze elettromagnetiche gli risponde: “Signore, sono il capitano Ford, confermo la situazione. Abbiamo il figlio di puttana a portata di tiro, Hall scommette di riuscire a beccarlo in fronte, signore.
Freni i suoi soldati, capitano. È un uomo solo, nessun attacco diretto, avete l’ordine di catturarlo vivo, abbiamo bisogno di informazioni.
Una pausa precede la risposta: “Signore… Catturarlo vivo? Davvero, signore?
Capitano è un uomo armato da solo nel deserto che tenta di stuprare una donna. Non sarà certo un problema per la squadra 4, questi sono i miei ordini. A presto.

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Deserto. Dune basse e aride li circondano mentre sbuffi di vento sollevano nuvole di polvere.

Il capitano Ford fissa la ricetrasmittente: “Maledetto vecchio bastardo.

Il sole osserva placidamente la scena arroventando il suolo sotto di loro.
Il tiratore scelto è steso poco lontano, parzialmente ricoperto di sabbia, un telo ocra gli copre la testa e la lunga canna del fucile, l’occhio poggiato al mirino. Lo spotter al suo fianco prende la ricetrasmittente: “Capitano, allora? Ce l’abbiamo. Si muove spesso, ma ce l’abbiamo.

Il capitano alza il braccio scuotendolo verso l’alto verso i due soldati, poi risponde: “Cambio di programma, Guyen. Dì a Hall che sarà per un’altra volta. Tornate qua.
Il soldato, capelli corti, labbra sottili e occhi a mandorla accenna un sorriso: “Come mai? Brutte nuove dalla base?
Non ne parliamo. Dobbiamo…” un sospiro lo interrompe “…dobbiamo prenderlo vivo.
Il sorriso svanisce rapidamente sul volto dello spotter: “COSA?
Lo so, non posso farci niente. Ordini dall’alto.
Ma signore… Preferirà farsi saltare in aria piuttosto che venir catt-
Il comando dal capitano lo interrompe perentorio: “Soldato Guyen, questi sono gli ordini. Tornate qua. Ora.

 

——— Qualche ora prima ———

Il sole riscalda la sabbia. Pianure e colline aride circondano una piccola formazione rocciosa dalla quale fumo e grida si sollevano ormai da giorni. L’accampamento è in festa.

Lo scorpione distende le zampe camminando fra i sassi; granelli spigolosi scivolano sotto il suo cammino. Deve percorrere ancora qualche metro, poi potrà tornare al sicuro fra le radici del ginepro. L’aculeo ondeggia sopra di lui e le piccole chele gli fanno strada fra la ghiaia bollente. Due uomini si stanno avvicinando, gridano qualcosa. Prova a rigirarsi su se stesso sollevando il corpo, riesce a fuggire per qualche altro centimetro prima che accada: il calcio del fucile scende con un tonfo, budella gialle ed rossastre schizzano dalla pleura.

I due guerriglieri entrano con il capo chino nella grande tenda trasportando una gabbia piena di polli pressati gli uni contro gli altri. I volatili chiocciano rumorosamente sbattendo le ali contro le sbarre in nuvole di piume.

Uno di loro solleva lo sguardo sui piedi dell’uomo seduto sui tappeti: “Moncliff, le abbiamo portato un dono per suo figlio, il profeta.

La giornalista traduce sottovoce alle spalle di Matt. L’uomo indossa una lunga tunica verde lucida lasciata aperta sul petto peloso. Fasce rosse intarsiate con fili d’argento e oro disegnano fiori e paesaggi lussureggianti sulla superficie liscia della seta. Un lungo nastro di stoffa ocra lo abbraccia più volte in vita bloccando l’elsa della sciabola che pende al fianco, la grossa lama si allarga dal manico in ebano scuro in una curva ondosa che si richiude su se stessa riflettendo le pareti della tenda intorno a loro.

“Lasciate pure qua.” Chiude gli occhi stringendoli e protendendo una mano in avanti come a voler accarezzare qualcosa di indistinto nell’aria: “Sento… Sento che la gioia di Allah è grande per questo dono. Sento… che avrete due vergini in più nel paradiso.”
Mary traduce velocemente.

I due uomini in nero si gettano a terra iniziando a baciare la sabbia: “Grazie, oh grande! Grazie! Allah sia lodato! Moncliff! Moncliff!

Un gesto della mano li interrompe e li congeda.

Dopo qualche istante Matt guarda Ciro sospirando: “Soldato, va’ a portare la razione del giorno al ragazzo. E sbrigati, dobbiamo parlare.”

Il soldato si alza in piedi e solleva la gabbia con entrambe le mani dirigendosi verso le spalle di Matt, supera un velo e getta la gabbie davanti a sé. Le galline sbattono le ali disperate contro le sbarre, dopo qualche secondo una di loro strilla rauca e gemiti incomprensibili iniziano a sollevarsi a tempo. Le altre tacciono terrorizzate.

Ciro ritorna nella stanza e si siede con gli altri soldati su stuoie di paglia.

Matt volta la testa verso un cumulo di stracci neri per terra alto un metro: “Luisa, mi avevi detto che avevi dei dubbi.”

I veli tremano piano mentre la ragazza inizia a parlare: “Certo che ho dei dubbi. Siamo qua da una settimana, mangiamo pane con la sabbia, dormiamo, beviamo acqua rancida e non facciamo assolutamente nient’altro. Fuori dalla tenda il caldo è insopportabile e qua dentro non abbiamo nient’altro da fare. Io e Mary dobbiamo rimanere con dieci chili di cotone addosso tutto il giorno e nel frattempo il tempo passa. Non ci hanno ammazzato, alé, urrà, siamo tutti contenti, ma non durerà per molto.”
Nunzio si accarezza la barba lucida, la benda sull’occhio destro si alza piano mentre parla: “Infatti. Per adesso potremo pur essere i loro salvatori, ma questo è l’ISIS, non vorrà rimanere qua ad aspettare in eterno finché il ragazzo lì dietro non avrà sodomizzato mezzo medio oriente.”

Matt lascia scivolare le dita sull’elsa della spada, ha gli occhi chiusi.

Il caporale insiste: “Presto o tardi si accorgeranno che è tutta una farsa e sarà la fine. Non possiamo neanche scappare: la tenda è controllata giorno e notte da dodici guardie che si danno il cambio ogni sei ore.”

Il silenzio ritorna su di loro per qualche altro secondo.

Carmelo interviene: “Generà, dobbiamo fare qualcosa.”

Matt si solleva in piedi e inizia a camminare per la stanza, la stoffa verde scivola sul tappeto dietro i suoi passi: “Lo so. Lo so bene. Ho parlato con Makeen stamattina e sembra che la situazione stia per peggiorare.”

Mary acconsente in silenzio con il capo, gli altri non capiscono.

“Non c’è solo lui a capo dell’ISIS, qualche mese fa avevano diviso le forze in più divisioni, quella principale, poi c’è la nostra e decine di altri gruppi sparpagliate nella regione. Adesso la compagnia principale sta risalendo dal nord africa, appena hanno sentito la notizia del nuovo profeta non hanno esitato a voler tornare.”
Ignazio: “E quindi? Avremo n’esercito più grande.”
“Sì, certo, se fossero tutti idioti come questi qua. E se questo certo Amjad non sia, per caso, un totale rincoglionito? Come la mettiamo? Entro domattina potremmo essere spellati, impalati o chissà cos’altro.” Matt scuote la testa sospirando.

Nunzio guarda i suoi soldati poi si alza in piedi stringendo la mascella e puntando il dito contro Matt e Mary: “C’è qualcosa che non ci state dicendo. Poche chiacchiere Matt, abbiamo rischiato più volte la vita per te, meritiamo di sapere tutta la verità.”

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Il politico resta in silenzio e si rimette a sedere sui cuscini in seta afferrandosi la testa fra le mani.
È la giornalista ad intervenire: “Abbiamo parlato direttamente con Amjad.”
Nicola spalanca gli occhi: “Ceccòs? Quann?”
Mary: “Beh, stamattina abbiamo avuto modo di… ‘comunicare’ alla radio direttamente con lui ed ecco… diciamo che non è molto contento di avere migliaia di uomini del suo esercito che ridono, ballano e festeggiano da una settimana per un ragazzino che scopa le capre. Ha ribadito che esiste un solo ed unico profeta, che siamo della feccia occidentale, che siamo degli sporchi infedeli, che ci sgozzerà lentamente eccetera eccetera eccetera.”
Luisa si porta le mani sul velo: “COSA?”
I soldati hanno la bocca aperta: “C-c-ci vuole ammazzare?”
La giornalista solleva le spalle: “Beh, considerando le minacce che ci ha fatto direi che sta venendo qua proprio per questo. Già. Direi proprio di sì.”

La tensione viene assorbita lentamente, i soldati si guardano negli occhi e si mettono in piedi: “Matt. Che cazzo facciamo?”
“Generà?”
“Ma pazziamm?”
“Emmò?”

Luisa si tiene la testa fra le mani, trema.

Matt si rimette in piedi e stende le mani verso i presenti provando a rassicurarli: “Io… Io avrei un piano.”
Nunzio: “Cioè?”
Matt: “Dobbiamo dargli la prova di essere dalla loro parte. Dobbiamo far qualcosa che ci metta al sicuro.”
Il caporale insiste: “Okay. Cioè?”

———

La notizia manda in euforia l’intero accampamento. Più di duemila grida si levano al cielo ringraziando Allah.

Attacchiamo gli americani!
Il profeta ha parlato!
La vittoria è nostra!!
Aeyeyeyeyeyeyeyeyeeeeeaaahhh!!

Decine di soldati corrono da una parte all’altra dell’avamposto, riforniscono moto, jeep e camion di benzina, caricano i kalashnikov e si bendano con cura il volto in kefiah neri.

Makeen e Rajab sono al cospetto di Matt. Con loro altri dieci soldati con il volto coperto e i militari italiani.
Mary è seduta in disparte, traduce con calma lo scambio fra i presenti.

“Questa mattina il profeta ha avuto un segnale. Allah gli ha parlato e gli ha dato una visione: l’esercito americano ai nostri piedi. Inginocchiato davanti alla bandiera dell’ISIS.”

Rajab e Makeen si guardano commossi, le gambe tremano di gioia.

Makeen: “Il volere di Allah è anche il nostro, padre del profeta.
Matt: “Sono contento di sentirtelo dire, figlio mio. Ma non abbiamo tempo da perdere, dobbiamo muoverci in fretta.”
Makeen: “Tutto ciò che abbiamo è a sua disposizione, mio Moncliff.
Matt: “Ci servono le carte del territorio e indicazioni sulla base militare americana più vicina.”
Makeen: “I nostri ricognitori sono i vostri.
Rajab: “Già, ma qual è il piano?
Makeen si intromette: “Scusi l’impertinenza di Rejab, mio Moncliff, ma… ecco, se sua santità fosse così gentile da condividere con noi le intenzioni di Allah, se ci fosse concesso sapere il suo volere…

Matt si alza in piedi poggiando i palmi delle mani sulle spalle dei due uomini: “Certo figli miei. Lasciate che vi spieghi.”

Comincia a camminare davanti a loro, passi lunghi e calmi: “Dovremo scoprire se c’è una squadra americana nei paraggi. Secondo i miei uomini per semplici missioni di ricognizione gli infedeli non mandano più di due squadre dalla base principale. In genere non sono più di quindici-venti uomini e noi, beh, noi siamo centinaia. Dovremo attirarli in un luogo dove crederanno di essere al sicuro con una scusa abbastanza valida per spingerli ad esporsi. Una volta a portata di mano agiremo e…”
Rajab lo interrompe: “…E li trucidiamo tutti.
“NO!” Matt si volta di scatto guardandolo: “Non è ciò che vuole Allah. Li cattureremo e basta. Loro saranno un’esca per un pesce ancora più grosso.”
Rajab abbassa lo sguardo. Matt incalza: “Dovrai aspettare, fratello mio. Preferisci uccidere dieci americani oggi o cinquecento fra una settimana?” Contrae la mascella: “Stai forse dubitando di Allah?”
L’arabo abbassa gli occhio mortificato, Makeen lo fulmina con lo sguardo : “N-n-non la interromperò più, mio Moncliff. S-s-s-sono dispiaciuto. Mi farò frustare se lei lo desid-
Matt apre le braccia verso di lui: “Sei un buon soldato, mio Rejab, Allah ti ama. Non ti chiederò niente del genere.” Si avvicina a lui cambiando espressione socchiudendo gli occhi come una vipera: “Ma metti ancora una volta in discussione la parola del profeta e ti farò ingoiare le palle.”

L’uomo resta in quella posizione per qualche secondo lasciando assorbire la minaccia all’arabo, poi si allontana: “Ci sarà un’esca. Un solo soldato in un villaggio deserto, con lui venti o trenta donne. Una volta sicuri di essere nel mirino degli americani entreremo in azione. Fingeremo un rapimento: il soldato dovrà far credere di voler portare via una donna, stuprarla magari, e le altre dovranno provare ad ostacolarlo. È la classica ‘donzella in difficoltà’, gli americani ci andranno a nozze.”

I guerriglieri dell’ISIS si guardano sconcertati simulando un colpo di tosse. Ad intervenire è Makeen: “Mio Moncliff, non voglio mettere in dubbio il piano, ma ecco… Cioè… C-c-credo di esternare i dubbi di tutti dicendo questo, ma…
Matt si volta infastidito: “MA…?”
Makeen: “Ma ecco… Dove le troviamo venti o trenta donne? Sarebbe più facile un attacco diretto a questo punto…
Riprende a camminare sorridendo davanti a loro: “Ah, uomo di poca fede… non ci sarà nessuna donna. Sotto il burqa ci saranno i nostri uomini, pesantemente armati e pronti ad agire.”

La serenità sembra tornare sui loro volti, ma presto Rajab inizia a scuotere la testa: “No… no… è troppo rischioso. Che accadrebbe se i soldati ammazzassero direttamente il nostro uomo da lontano e se ne andassero? Avremmo solo perso un nostro fratello… E se dovessero chiamare i rinforzi? Basta anche solo un elicottero per far fallire il piano.
Matt si avvicina all’arabo: “È un rischio che dobbiamo correre, per il volere di Allah.” Sorride: “E se non sbaglio ti avevo detto cosa sarebbe accaduto se avessi messo ancora una volta in dubbio la parola del profeta… vero?”
Makeen fa un passo in avanti, mettendosi fra i due: “Rajeb è uomo onorevole, ha combattuto molte battaglie. E ha ragione. Ci devi dare una dimostrazione di questa sicurezza. Noi crediamo nel profeta, ma provi a mettersi nei panni dei nostri uomini, mio Moncliff… hanno bisogno di certezze. Così come noi crediamo nel profeta anche tu devi credere in lui.
Matt solleva un sopracciglio: “Cioè?”
L’arabo passa il pollice lungo la cicatrice accarezzandosi la guancia: “L’esca sarà uno dei tuoi uomini.
Una scrollata di spalle precede la risposta: “Ah, okay. Accordato. Preparate le truppe secondo gli ordini, partiamo fra un’ora.”

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Ignazio: “Ma come uno de noi? Generà semo pazzi?”
Carmelo: “Chessu pianu è nammerda generà. Nun putemo fallo! Pazziamm?.”
Ciro: “Iamme Nunziò, dingelo tu a Matt, peffavore.”
Nicola trema a terra afferrandosi il volto fra le mani: “Ma i p’cce stoc do? P’cce?”
Nunzio: “Calma ragazzi. Il piano non è così folle, potremmo avere successo. Dobbiamo solo scegliere chi di noi andrà, o la va o la spacca.”
Ciro: “Ma che stai a dì? Quelli ci shparano m’occa…”
Nunzio: “E cosa credi che accadrà se aspettiamo tranquilli l’arrivo di Amjad? DOBBIAMO rischiare, è l’unica carta che ci resta.”

Matt in silenzio davanti a loro. Il caporale ruota il fiero viso greco verso di lui: “Matt, sei il nostro generale. Non spetta a nessun altro decidere se non a te.”

L’uomo solleva il mento puntando lo sguardo verso i cinque soldati: “Nunzio, mettiti pure dietro di me.”

Il caporale si incammina sorridendo.

Matt incrocia le braccia dietro la schiena guardando gli altri quattro militari: “Datemi un motivo valido per farvi rimanere qua al sicuro.”

Carmelo fa un passo in avanti: “Come le ho già dettu durante lu viaggiu sono un acquisit-”
Ignazio lo interrompe: “Generà, io so’ tiratore scelto!”
Nicola: “Io so nu mitraglièr.”
Ciro: “Io sono di Scampia.”
Carmelo: “Consideri chemmò sto in mari-”
Nicola: “So’ bravo anche colle mine!”
Ignazio: “Sono l’unico tiratore scelto rimasto generà.”
Ciro: “…e leggevo fumetti quando ero un piccolo napuriell we we.”

Matt stende le mani in avanti interrompendoli: “Ah Carmelo sì, mi ricordo di te, sei un buon soldato. Vieni pure alle mie spalle. Ignazio, anche tu, un tiratore scelto è sempre importante.”
Ignazio: “Eddaje!”
Carmelo: “Grazie generà!”
Il suo sguardo si muove su Ciro e Nicola studiando i volti dei ragazzi mentre gli altri due si incamminano verso Nunzio tirando un sospiro di sollievo.

Dopo qualche secondo di incertezza, la risposta: “Ciro, vieni anche tu.”
Nicola esplode: “MA C’CCAZZ STE A SUCCID? MA SIM USCIT D CÀP? MA S CUSS NON SAP FA NU CAZZ!”
Matt si volta vero Mary: “Ma è arabo?”
La ragazza scuote la testa.
Matt: “Beh, ragazzo, sembra tu sia perfetto. Preparati, partiamo fra quarantacinque minuti.”
Nunzio guarda affettuosamente Nicola: “Mi spiace ragazzo, ma Ciro è di Scampia, ha un’esperienza con le armi da fuoco che è ormai ventennale. Altro che mitragliere.”
Nicola: “MA NON È GIUSTO CAPORÀ!!”

Il gigante barbuto gli si avvicina sovrastandolo con le spalle imponenti, la barba ispida e l’occhio bendato gli conferiscono un’aria terribile: “Soldato, preparati per la missione. Niente storie.”

Nicola si stringe le braccia al petto: “Caporà… ma… ma è una missione suicida…” una lacrima inizia a rigargli il volto: “…q-q-questi mi ammazzano…”
L’occhio sano del caporale si stringe in una fessura: “Soldato. Preparati per la missione. È un ordine. Sei entrato nell’esercito italiano e ti sei offerto volontario per una spedizione militare armata non autorizzata su suolo straniero. Credevi di esserti arruolato nelle coccinelle?”

Gli altri iniziano ad allontanarsi, Nicola crolla in ginocchio.

——— Epilogo ———

Il capitano Ford si aggiusta gli occhiali sul naso, le lenti a specchio ruotano sui nove uomini in piedi a qualche metro da lui.

Signori, sarò diretto, non c’è modo di far finire tutto in fretta. Niente dominazione rapida, davanti a noi solo dune e distese di sabbia pianeggianti, d’altra parte siamo solo in dieci quindi…” I ragazzi davanti a lui scuotono la testa “…vuol continuare lei, Fisher?
Il ragazzo fa un passo in avanti sollevando la fronte: “Quindi niente SAA, DA e DBM.
Esattamente. Dovremo tentare un approccio diretto. La buona vecchia flanking. Butler, spingiti con la jeep oltre le dune a ore 4 rispetto il bersaglio, porta con te Perry, Ward, Foster e McGarrity. Noi altri ci muoveremo da ore dieci. Accerchieremo il bersaglio e lo costringeremo alla resa. Non sparate, se vi sentite minacciati lasciate fare a Hall.
Il tiratore mastica il filtro di una sigaretta spenta inclinando la testa sul collo, il capitano si volta a guardarlo: “Sottotenente, nel caso in cui il bersaglio non collabori lo disarmi. Spalle fuori uso, nessun colpo al petto o addome, potrebbe portare dell’esplosivo. La voglio sul tetto della jeep non appena saremo a 100 metri dall’obbiettivo.

I ragazzi si guardano indecisi.

Forza signorine, si va in scena.

Le due jeep si spostano lentamente oltre le dune, dopo dieci minuti arriva l’okay da Butler e l’ordine del capitano.

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Le macchine partono velocemente avvicinandosi alla casa diroccata, le donne in lontananza si agitano sotto i veli provando a colpire disperate all’uomo con il fucile. Le ruote rombano sulla sabbia, sollevando nuvole di polvere che convergono da nord-est e sud-ovest.

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Ogni disegno de Il Trono di Ruspe, dalle vignette nel testo alle copertine, è stato fatto dalla mano del bravissimo Zobly. Cliccate QUA per seguirlo sulla sua pagina FB, se lo merita.

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Rorschach

Studente di ingegneria, lettore di fumetti, bassista occasionale, amministratore e scrittore sconclusionato.
Non credo nelle descrizioni da blogger e quello che leggo su internet, non dovreste farlo neanche voi. Forse. Chissà. Meh. Fanculo.

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