Se quella che sta per cominciare fosse semplicemente una storia, sarebbe semplice spiegare di cosa si tratta. Ma questo è un viaggio da una costa all’altra attraverso le 21 lettere dell’alfabeto. Un viaggio diviso in tre parti, ogni parte “conta” sette lettere.
In fin dei conti è uno schema, un adattamento a uno stile di vita: la paura di non riuscire più a mettere un piede dopo l’altro.
Alfabeto
Parte II – Arrivo
I come Indietro
Un giorno dopo l’altro, un passo e poi uno ancora.
Mi svegliai che ancora non era sorto il sole. Mi svegliai con la sensazione che quella notte fosse stata una delle peggiori della mia vita, come se quella notte fosse stata d’altri tempi. Tempi pericolosi. Mi preparai in fretta e scesi in strada.
Correre era uno dei momenti solo miei. Quella era l’ora dei pescatori e io mi sentivo fuori luogo perché loro non potevano distrarsi dalla fatica e io cercavo la fatica per potermi distrarre. Correre spesso mi aiutava a recuperare, a piegare la trama degli eventi che negli anni mi si erano presentati, ai viaggi che avevo fatto e alle persone con cui avevo condiviso momenti, anche se brevi.
Durante quell’alba in cui a ogni passo mi sembrava di calpestare rugiada mi ricordai l’esule di un territorio occupato che mi spiegò, per un’intervista, il valore di una democrazia imposta. Aggiunse che la sorella aveva avuto un bambino e nessuno sapeva chi fosse il padre, infatti una ronda di ragazzi poco più grandi di lei, l’aveva presa e stuprata. Il classico copione: chi ha le armi si sente più forte e non aspetta altro che incontrare qualcuno più debole di lui per poterle usare. La sorella poi fu catturata e deportata, non ne aveva saputo più nulla. Mi raccontò che anni dopo aveva incontrato un ragazzino e che nonostante avesse un accento diverso, non poteva fare a meno di costatare una certa somiglianza, stava per chiedergli se sua madre si chiamasse Elisa, ma un vuoto al petto la bloccò: si era lasciata alle spalle quel periodo, aveva cambiato nome e solo resuscitare quella sorella con quel nipote mai conosciuto le sembrava un oltraggio.
Perso nei miei pensieri, mi accorsi di aver cominciato a salire solo quando il fiato cominciò a farsi più pesante, mi fermai, misi le mani sulle ginocchia e maledissi il momento in cui, anche sull’isola, avevo lasciato spazio alla sedentarietà. Mi girai e cominciai a scendere. I passi si fecero sempre più leggeri e in breve cominciaci a correre. Sentivo l’isola intera respirare sotto di me.
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L’immagine in copertina è un’opera di street art che si trova ad Alzaia Naviglio Grande (MI).
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