ESPERIMENTI LETTERARI Il Trono di Ruspe

Il Trono di Ruspe – Capitolo 1: Il Piano

Scritto da Rorschach

Quella che state per leggere è una storia di pura fantasia. Ogni personaggio, nome citato, luogo e situazione non sono riferiti ad un contesto reale, ma sono da attribuirsi ad un mondo puramente immaginario. Ogni riferimento a fatti, luoghi, storie, situazioni e personaggi realmente esistenti è puramente casuale.

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Ogni disegno de Il Trono di Ruspe, dalle vignette nel testo alle copertine, è stato fatto dalla mano del bravissimo Zobly. Cliccate QUA per seguirlo sulla sua pagina FB, se lo merita.

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 IL TRONO DI RUSPE

Capitolo 1: Il Piano

 

“Allora? Che si fa?”

La ragazza chiude la porta alle sue spalle. L’uomo cammina avanti e indietro nella stanza. Indossa una felpa in cotone verde. I suoi passi sono frenetici e infastiditi, i pugni chiusi lungo i fianchi.
Si volta. Si avvicina con i suoi jeans chiari verso di lei, tailleur in cotone rosso con una camicetta bianca leggermente sbottonata sul petto, stringe fra le braccia un dossier.

“Cosa si fa? Che ne diresti del solito…?

Luisa, consigliera di fiducia e labbra mature e morbide, interviene: “Non credo sia il momento adatto. Dobbiamo parlare. Ci stanno battendo, tutto questo non è sufficiente.”

L’uomo si siede sul bordo della scrivania. La camera è grande, un tappeto rosso con motivo floreale ricopre quasi interamente un pavimento in mogano. Le tende dietro la scrivania sono chiuse lasciando passare deboli raggi pomeridiani.

“Sono ancora loro. ‘Sto cazzo di movimento sta decisamente rompendo i coglioni.” Scuote la testa: “Dobbiamo farli fuori.”
“…”
“Stiamo parlando di decine di esaltati senza la minima conoscenza economica, politica, istituzionale e competenza internazionale. Per non parlare di mercato, della dubbia moralità del loro partito e dell’oscurantismo che si applicano a vicenda.”
La ragazza solleva un sopracciglio in un’aria di sfida: “Stiamo ancora parlando di loro?”
“Fanculo. Sai, Luisa, c’è una piccola differenza fra criticare tutto facendone parte e accettarlo tranquillamente.”

I due si fissano, Luisa incalza: “Quindi? Cosa proponi?”
“Ma che ne so… Avrei solo bisogno di un cazzo di pompino.”
La donna sbuffa: “Te l’ho già detto prima che non è il momento adatto.”

L’uomo riprende a camminare per la stanza grattandosi il mento, la barba raschia sulle sue unghie.
Le fa un cenno verso la libreria: “Fallo, è giovedì.”
La ragazza si avvicina a lui e inizia a cercare fra i volumi.

“Ogni volta che credo di aver capito gli italiani torno punto e a capo. ‘Sto cazzo di lavoro mi distrugge.”
“Beh, dipende tutto da te. Devi trovare quei 3-4 punti deboli e puntare su quelli.”
“Lo stiamo già facendo, ma non nel modo migliore. Dobbiamo capire cosa gli interessa davvero. Porca puttana, dobbiamo colpire meglio.”

Le dita di lei si muovono incerte, non trova quello che cerca. L’uomo si avvicina sbuffando, poi afferra un vecchio tomo in pelle nera lucida e lo inclina leggermente. La parete inizia a tremare e una piccola porticina si apre a fianco della libreria. Lui la fissa con lo sguardo e si dirige verso l’entrata.
Passo dopo passo iniziano a percorrere un corridoio lasciandosi alle spalle raggi del sole. Il silenzio scivola intorno a loro mentre le voci iniziano a rimbombare fra le strette pareti, neon intermittenti li accompagnano.

“Proviamo a partire dalle basi, non ho davvero idea da dove cominciare… Luisa, tu hai Facebook?”
Uno sguardo dubbioso si dipinge sulla ragazza: “Sì… Perché?”
L’uomo inizia a grattarsi la barba iniziando a sussurrare: “Perché hai Facebook? Perché un italiano su due ha ‘sto cazzo di Facebook? Dobbiamo capirlo… Se riuscissimo a scoprire il fascino che attira questa gente…”
“Beh, il fatto che si possano condividere pensieri, foto, opini-”
L’uomo socchiude gli occhi: “Non parlo di queste stronzate.”
Continua: “La voglia nel mettersi i contatto con vecchi ami-”
“Puttanate.”
Incalza: “Il poter seguire persone e personaggi dello spet-”
“No, Luisa. Se continui con le stronzate ti inculo.”
Si morde leggermente un labbro fra i denti: “Magari…”
“Come?”
“Niente.”
“Allora? Vuoi aiutarmi o no?”
La donna solleva leggermente le spalle: “…Sì, ma non so come…”

Arrivano davanti ad una porticina, la mano dell’uomo di poggia sulla maniglia e la spalanca: davanti a loro un uomo si contorce nudo su una sedia in legno. Le mani e i piedi legati a braccioli e alle assi da spesse corde di canapa. Ha gli occhi socchiusi e in bocca un fazzoletto sporco di sangue.

“Hhhnnnn… Hhhnnnnn!!”
“Zitto coglione, siamo noi.”
“A’ ‘ega, è ‘ia! È ‘ia! E’ ‘o ‘uro! E’ ‘o ‘uro!”
L’uomo sbuffa rivolgendosi verso un tavolino in metallo posto in un angolino.
“Sì, sì, vecchio mio. Ce l’hai durissimo, lo sappiamo tutti, siamo qua per questo.”
Davanti a lui quattro tenaglie, un set di coltelli arrugginiti, un cric, un piede di porco e decine di altri attrezzi.
La ragazza si avvicina osservando la scena da sopra gli occhiali da vista. Se li sfila fissando il vecchio disgustata.

3

“Vedi, mia cara, il punto non è mai stato la condivisione, altrimenti la gente andrebbe in giro ad offrire caffè ai barboni. Sono tutte cazzate. C’è altro… C’è qualcosa che mi sfugge e che sfugge a tutti quanti, devo solo capire cosa…”

Nel dire queste parole ha un sorriso e afferra un grosso pene di metallo dal tavolino. È lungo almeno quanto il suo avambraccio e spesso come un collo di papera, la superficie lucida riflette la soddisfazione dell’uomo.
Si abbassa e afferra il cric, iniziando ad avvitare il cilindro alla pedana.

“Serate in discoteca, culi sudati, ragazzi che sventolano ai quattro venti i loro esami all’università, concerti, alcool, ragazze, corse in foresta e gite al lago devono avere una stessa idea di fondo. Quale?”
“Credo di non seguirti…”
“Dio santo Luisa, alla gente non frega niente del mostrare le proprie vacanze al mare. Qualcuno andrebbe in giro a consegnare fotografie sfocate dei propri amici a Riccione? No. Il punto non è la condivisione, non lo è mai stato.”

Inizia a camminare trascinando il cric fin sotto la sedia dell’uomo, poi si avvicina al suo orecchio:
“Beh, vecchio mio, chi è il maschio adesso?”
Nello stesso istante inizia a premere il piede sulla leva, ritmicamente.
Fum fum fum fum.
Il vecchio, imbavagliato, prova a dimenarsi gemendo di dolore ancora prima di sentirlo: “Hhnnng!! Hhnng!!”
La pedana si alza sempre di più, centimetro dopo centimetro fendendo l’aria con piccoli colpi decisi.

Luisa osserva la scena stringendosi il dossier al petto: “Il mostrarsi allora…? Beh, ci sta, siamo una società emancipata e intrinsecamente piena di vanità.”
“No, il discorso è più sottile. Non è l’oggetto, ma il messaggio che c’è dietro.”

Fum fum fum fum fum fum
Sudore comincia a colare sulla fronte del vecchio.
“Nhhhhh, nnnhhhh, hhnngg, nnnhhnhgg!!”

Nel vederlo l’uomo spalanca gli occhi, il membro sale lentamente a piccoli scatti e il vecchio ansima e geme prima ancora che sia entrato. Una luce comincia a brillare nei suoi occhi.

Una scintilla si accende: “Ma certo… è il sadismo.”
“Il che? Cosa diavolo c’entra il sadismo adesso…?”
Si sbatte una mano sulla fronte: “Era ovvio, cazzo! È QUELLO!”

I movimenti del torturato si interrompono di colpo, e il piede dell’uomo smette di pompare sul pedale: il membro ha iniziato ad entrare. Si volta, guarda Luisa e riprende a parlare: “Sta’ a guardare. Ora viene il bello”.

Fum fum fum fum fum fum fum fum fum fum fum
“HHHHHAGGAAGAAAAA!! AAAAHHHHNNNGGGGGG!!!”
Gocce di saliva iniziano a colare dai lati del fazzoletto.

“Una giornata al mare può esser sufficiente per dimenticarsi di una vita mediocre, ma non è abbastanza appagante. È appagante sapere che è migliore della giornata-tipo degli altri… Eppure non è ancora sufficiente. Ecco come entra in gioco l’ingrediente principale dei social network: io vivo meglio di te, io sono migliore. In poche parole: io ho la vita che tu vorresti avere. La mia vita è migliore della tua. È molto più dolce godere di questo, non trovi?”

Fum fum fum fum fum fum fum fum fum fum fum fum fum fum fum
“HDDIO HDDIOOHHH NNNNNGGGHH!!!”
Il fazzoletto scivola fuori dalla bocca mostrando denti marci e gengive arrossate.
Il piede va su e giù sempre più velocemente, poi si arresta.
L’uomo si aggiusta la felpa verde e si china in avanti per controllare la situazione sotto la sedia: il cazzo è entrato per metà.

“Bene.”

Si china sul cric e spinge un pulsantino nero. La pedana inizia ad alzarsi e abbassarsi da sola, pompando sui pistoni idraulici. Controlla il livello di potenza mostrato dalla manovella: elettore medio.
Il rumore delle pareti del pistone che scivolano fra loro si fa più regolare e scandito, rimbombando nella stanzetta.

FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM
I gemiti del vecchio vanno a tempo.
“Ahhhnn!! Ahhnn!! Ahhhnn!! Ahhnn!! Ahhhnn!!”

La ragazza interviene seccata: “Mh, si. Interessante. Anche se non capisco come tutto questo possa aiutarci a conquistare altri dieci punti percentuali alle prossime elezioni.”

Lui la ignora incrudendo la voce in un raschio silenzioso: “Vogliono sentirsi migliori, scoparsi a vicenda convinti che il loro culo sia vuoto… gli daremo quello che vogliono.”

FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM
“Ahhhggnn!! Ahhggnnn!! Ahhhggnn!! Ahhgnn!! Ahhhnggnn!!”

Luisa socchiude gli occhi verdi: “Quindi… Andiamo Matt, dobbiamo sconfiggere gli Stellini, non aprire un nuovo social. Vai al sodo.”

L’uomo ruota il busto e cammina lentamente verso l’amica: “Ma come… non capisci? È proprio questo il punto. Che senso hanno gli slogan Tutti-a-Casa o Uno-vale-Uno se non quello di far leva sullo spirito popolare di rivalsa che ogni stronzo fuori di qua prova per agli altri? Non vogliono forse sentirsi tutti migliori? Cicala l’ha capito subito, non bastava l’Uno-vale-Uno delle urne: le persone vogliono sentirsi sempre partecipi. Sempre. Sentire che valgono anche prima.”

Si abbassa sulle ginocchia ruotando una manovella sul secondo livello di potenza: Sheena Shaw.
Il pistone inizia ad andare più velocemente mentre il cilindro in metallo squassa il corpo del vecchio ad un ritmo frenetico. Le guance rugose si accendono e le gambe iniziano a tremare.

FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM
“Ahhhggnn!! Ahhggnnn!! Ahhhggnn!! Ahhgnn!! Ahhhnggnn!! Siihhh!! Siiihh!! Siiiihhh!! Nnnggghhh!!!”

Le grida riempiono la stanzetta mentre lacrime di piacere scivolano su guance scavate scorrendo su un collo rugoso.

“Geniale, cazzo.”
La ragazza si gratta nervosamente il braccio: “Eppure molti laureandi in cerca di figa si lamentano di questi slogan populisti.”
“Bah, chi si lamenta dell’Uno-vale-uno è in ritardo di qualche centinaio di anni. È la fottuta democrazia che funziona così da tipo sempre, grazie al cielo, aggiungerei. L’intuizione è stata spostare questa uguaglianza dalle urne a prima del voto, nel dibattito. Tutto ha cambiato spessore, la democrazia si espressa al massimo, permettendo a tutti di dire la loro con il fantastico risultato di avere una tavolozza così grande di opinioni dove nessuna ha realmente peso. Geniale, appunto. Si è sconfitta una ragionevole democrazia con la libertà di parola. Vorrei averla avuta io quest’idea…”

La macchina continua a spappolare carne e sangue dentro il corpo del vecchio, il cilindro scivola senza attrito e una mano si avvicina alla manovella. La velocità aumenta ancora spostandosi con un piccolo tac sull’ultimo livello: OP.

FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM

Il vecchio allarga le gambe tremando mentre l’informe verme lucido fra le cosce si solleva leggermente in uno spasmo disperato.

“AAAAAAHHHHHHHHHHGGGGGGGGNNN!!! SHHHII SHHHHHII! ‘UASIIIII!! ‘UAAAAAAASIIIIIIH!!!”

La ragazza fissa incuriosita la scena in silenzio, poi il suo sguardo torna sull’uomo con la felpa.
“Quindi? Non ne posso più di questi sofismi del cazzo, Matt. Spara fuori una fottuta strategia o tanto vale che vada a spampinare Ema Dal.”

“Quindi? Quindi li batteremo sul loro stesso terreno di gioco. Slogan semplici, ideali banali, vendita di appagamento. Gli italiani potranno pure sentirsi felici per piccole cazzate come le loro vacanze di merda e la loro squadra del cuore, ma niente li scatena di più del sentirsi migliori degli altri.”

Luisa solleva gli occhi al cielo: “Beh,peccato che quel terreno di gioco è interamente stato conquistato, l’hai praticamente ammesso adesso. Non possiamo tirar fuori altri slogan e altre strategie identiche a quelle del movimento. Sai che rogna poi dover sentire quegli stronzi che si lamentano su come non abbiamo appoggiato le loro riforme?”

Matt si avvicina al vecchio e gli sputa addosso. Il pistone si solleva e si abbassa ancora affondando il cilindro fino alla base della pedana per poi abbassarsi di altri trenta centimetri, prima di risalire. Colpi profondi sollevano la pelle dello stomaco del vecchio in un’onda di vesciche e pus.

FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM

“AAAAAAAAAANNNNNNNNNGGGGHHHHH!!! AAAAAAANNNNNNGGGHHH!!

Il verme fra le gambe del vecchio ha un sussulto. Mani nodose afferrano le maniglie della sedia stringendole fino a far sbiancare le nocche mentre quel lombrico senza sangue si contrae su se stesso vomitando una goccia mostarda gelatinosa che inizia a colare fra cosce rugose.

FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM FTUM

“Ahhhnng… Ahhnngg… Ahhnngg… Ahhnngg… B-b-bbasta c-c-così…”

Il vecchio si sporge cadendo a terra, ansima sbavando con lo sguardo fisso in un punto indistinto nel vuoto.

2

L’uomo si avvicina al cric e spegne il meccanismo, si siede sui talloni e sfila via il cilindro in metallo. Nello stesso istante un mare di feci esplode spandendosi sul pavimento come burro fuso.

Si sposta al lato: “Allora com’è andata stavolta, vecchio?”
“Ehhgg! Aih vitto? A ‘ega ce lah uro! A ‘ega ce lah uro!!”
L’uomo si avvicina un po’: “Vuoi che ti sleghi?”
“Noooh! ‘A via! ‘A via! Lahsmi sloh btto cohone snza pahe ‘al ‘azzo hoscio.”

Dopo qualche istante di silenzio l’uomo si volta facendo un cenno alla ragazza: “Torniamo di là.”
Si richiudono la porta alle spalle percorrendo di nuovo il corridoio.
“Lo lasciamo in questo stato…?”
“…”
“Mi spieghi perché continui a farlo?”
“Beh, mi ha cresciuto. Glielo devo.”
“Ma quindi è per questo che… parla così?”
“Sì, di tanto in tanto lo liberiamo per fargli prendere un po’ d’aria. Purtroppo si ostina ancora a voler parlare con la gente… Con tutto quello che si è fatto fare non dovrebbe neanche riuscire a stare in piedi, figuriamoci parlare… vabè. E pensare che c’è gente che crede sia colpa di un ictus…”

Dopo qualche passo rientrano nell’ufficio, raggi del sole danzano tenui fra le tende.
La ragazza si strofina le mani sul tailleur accarezzandosi vogliosa il profilo sinuoso del corpo osservando l’uomo che le sta di fronte: quella scena l’ha accesa.
Lo vede avvicinarsi ad un mobile in ebano nero e afferrare una bottiglia di amaro alle erbe padane.

“Tornando al discorso di prima… credo che possiamo giocare una carta che gli stellini non hanno mai voluto utilizzare: l’odio. Quello vero, dico, non sussurrato. Gli stellini sono quelli che recitano meglio la parte dei bravi ragazzi, per quanto siano solo i rappresentanti del ritardo mentale, quindi troppo codardi per usarla. Il sentirsi migliori arriva fino ad un certo punto. Dobbiamo istigare in modo più violento.”

“Credo di non capire.”

Matt stringe il bicchiere fra le mani trafiggendo con lo sguardo i cubetti di ghiaccio.

“Abbiamo bisogno di odiare. Porteremo la guerra sul loro stesso terreno di gioco e li supereremo in un colpo solo.”

La ragazza scuote piano la testa rimanendo in silenzio. L’uomo si porta alle labbra il bicchiere, l’alcol color amaranto serpeggia fra i bordi in vetro disegnando un ritratto confuso di Heinrich Himmler.

“Prendi carta e penna. Impara. Impartisci questi ordini a una decina dei giovani padanini. Voglio gente fedele, non registrata al partito e stupida, se possibile.”
“Quello non dovrebbe essere un problema.”
“Ottimo. Dovranno adottare due o tre gatti in giro per la città, qualche cane dovrebbe essere anche meglio. In quel caso che il canile sia lontano qualche centinaio di chilometri, non vogliamo che tutto li riconduca a noi, vero? Li terranno in casa per qualche giorno, poi aspetteranno istruzioni successive.”

La stilografica oro e avorio si muove leggera sulla carta bianca, tenuta saldamente dalle dita della ragazza.

L’uomo inclina leggermente la testa e solleva le spalle incamminandosi verso la scrivania: “Dopodiché li ammazzeranno e li get-”
“COSA?!?”
“Non mi interrompere. E li getteranno di notte dietro i recinti di qualche campo ROM. Avvisa Christian, abbiamo bisogno della sua competenza grafica: dovremo scrivere mail fasulle fra Cicala, DeeBatteestuta e qualche altro imbecille. Facciamo… sì, facciamo che si scrivono qualche battuta riguardo quello che è appena accaduto. Magari scriviamo che il nonno di DeeBatteestuta ha dovuto mangiare cane durante la guerra, robe così, con DeeMaggio che magari dice di averla mangiata più volte a casa sua. Ha la faccia di quello che mangia i gattini, se ci pensi bene. Poi quel documento lo mettiamo nella rete e lo utilizzeremo in tv.”
“Cani morti in un campo ROM?”
“Hai idea di quanti casi di bambini e adulti scomparsi esistono? Del traffico d’organi con l’Europa dell’est e del Sud America?”
“No.”
“Appunto. Neanche io. Nessuno lo sa perché a nessuno frega un cazzo, ma metti un cucciolo di labrador mezzo morto in un campo ROM e vedrai che fantastica onda d’odio.” Un sorriso solleva le labbra.
“Capisco… Ma perché la lettera falsa? Verrà smentita in due secondi!”

L’uomo alza un sopracciglio: “Quindi? Noi la porteremo in TV ogni giorno su più canali mentre loro perderanno tempo ad aspettare i parere dei due capetti per decidere davvero se quella merda debba essere ingoiata o schivata, solo successivamente la smentiranno su Internet. Stiamo parlando di un’utenza di 60 milioni contro quella di qualche milione. Anche se dovesse venir fuori che è una bufala sarebbe comunque sufficiente per far crollare i voti. E poi…”- fa schioccare le labbra rumorosamente scoprendo i denti in un sorriso grigio -“Sei davvero sicura che possano smentirla?”
“Certo… Non si lasceranno crocefiggere così facilmente.”
“Beh, in quel caso…”

Le sue labbra si poggiano per un’ultima volta sul bicchiere, chiude gli occhi e finisce il liquido in un unico sorso, dopodiché lo poggia sul tavolo. La condensa sul vetro lascia intravedere il Leone di San Marco al galoppo su prati e brughiere senza extracomunitari.

Si rivolge verso la segretaria: “Ho avuto un’altra idea. Creeremo noi delle mail, del tutto nuove. Utilizzeremo dei profili tipo Giovanni.CicalaM5S@blablabla mai utilizzati, roba stupida, stessa cosa per gli altri del movimento. Inizieremo uno scambio fittizio fra loro e li facciamo dire tutto ciò che vogliamo… Per l’anonimato online Christian usa una roba tipo LOR o ROR o come cazzo si chiama, mi ha assicurato più volte che siamo al sicuro.”
“Ma questo non rappresenta certo una prova!”
“Certo che no, ma noi non punteremo al movimento.”

Matt sposta lo sguardo verso la finestra facendo un cenno con la testa indicando l’esterno.
Ingoia un po’ di quella brodaglia marrone. Lei si accarezza un seno: sentirlo parlare la accende.

“Io punto a loro: tutto questo basterà a scatenare un giudizio. Delle mail non sono sufficienti a noi a dimostrare la loro colpevolezza così come non sono sufficienti a loro per dimostrare la loro innocenza. Sarà un successo.”
“Mi scusi, ma se vogliamo giocare sporco in questo modo perché non utilizzare qualcosa di più serio… cioè, voglio dire… Cani morti in campi ROM? Possiamo alzare la posta, e di molto.”

L’uomo si appoggia sulla poltrona incrociando compiaciuto le dita dietro la testa: “Lo so bene. Ecco perché ho trasferito 300 mila euro da un conto fittizio di una banca all’estero a quello del movimento.”

Il fascicolo cade dalle mani della ragazza: “COSA?”

Lui scuote la testa accendendosi un sigaro. Nuvole di fumo serpeggiano dense nell’aria disegnando il profilo dell’Italia dal Po in su.

1

“Esattamente. Hai idea di quante centinaia di migliaia di nero abbiamo accumulato negli anni? 300 mila euro sono uno scherzo. Tra qualche giorno facciamo partire una denuncia anonima alla guardia di finanza e presto andrò in TV a parlare di questo scandalo, nel frattempo scriveremo mail compromettenti che tireremo fuori qualche giorno dopo. Nessun cittadino crederà mai alla verità: 300 mila euro che compaiono dal nulla nel conto di un partito politico che ha giurato tagli economici e sincerità verso gli elettori?”

Il segretario si siede alla poltrona sorridendo compiaciuto: “L’opzione più probabile diventa quella vera, crederanno ad un furto ai danni dello stato. Le mail aiuteranno. Soltanto qualche giovane crederà all’opzione delle mail false, ma sopra i cinquant’anni non abbiamo più niente da temere. È tutto così improbabile che funzionerà.”

Gli occhi della ragazza si aprono increduli in due vorticosi laghi verdi intorno alle pupille: “E se le indagini dovessero rivelare la verità? Se dovesse venir fuori che è tutto partito da una società non esistente all’estero? Se si dimostrasse l’utilizzo di un sistema di comunicazione anonimo per l’invio delle mail?”

Il segretario di partito inizia ad allargare la gambe, abbassando la zip dei jeans e girandosi con la sedia verso Luisa.

“Sarebbe qualcosa che comunque non li scagionerebbe del tutto. E poi, hanno voluto far di tutto per non invischiarsi con la politica classica, no? Noi abbiamo conoscenze profonde fra forze dell’ordine, aziende internazionali, società mafiose e paradisi fiscali esteri. Loro invece…”

Continua alzando un sopracciglio facendo tremare le guance grasse: “Faremo pressioni e le indagini saranno lentissime, si concluderanno nel giro di mesi e, anche se dovesse venir fuori che nessuno è a conoscenza di questa azienda o banca, di fatto inesistente, sarà comunque sufficiente a far crollare del tutto il consenso popolare.”

Si sbottona il pantalone e inizia a massaggiarsi le mutande in seta verde lucida: “Noi, d’altro canto ci faremo vedere in giro con qualche agricoltore, metalmeccanico, panettiere e verseremo qualche decina di euro alle società più disagiate. Noccioline. Contatta anche Vanity Fear, voglio rilasciare un’intervista. Mi servirà un qualche cucciolo randagio da sbandierare, che sia bianco e dall’aria docile, non voglio spaventare i pensionati.”

Luisa poggia il dossier alla scrivania e si avvicina alla poltrona. Afferra i bordi della felpa del suo segretario di partito e la sfila via, il petto grasso fa risaltare la scritta cucita sulla felpa: Ruspa o Frusta. “Credo che basterà lo scandalo dei 300mila euro, perché uccidere dei cani e buttarli nei campi ROM?”

“…Che dire? Mi piace portarmi avanti con il lavoro. In ogni caso sarà divertente costruire sugli stellini un abito grottesco, non solo di disonestà, le masse saranno assetate di sangue più per un cucciolo di pastore tedesco che per un furto alle casse dello stato. Sarà perfetto. Non mi aspetto un crollo totale, ma anche solo 10 punti, se ce li giochiamo bene, possono passare quasi interamente a noi. Parliamo di una fetta di cittadini insoddisfatti e vittime dei loro mali, dovremo semplicemente proseguire sulla stessa linea populista e saranno nostri.”

La ragazza piega la felpa verde e la stende davanti alla poltrona, poi ci poggia le ginocchia sopra guardando dal basso l’uomo: “E se qualcosa dovesse andar storto? Se tutto dovesse risolversi in breve tempo?

La mano di lei si infila sotto l’elastico verde e afferra un peloso involtino flaccido iniziando a massaggiarlo fra i polpastrelli.

Matt sorride chiudendo gli occhi: “Vorrà dire che gli compreremo qualche monolocale a Roma.”
La ragazza sorride compiaciuta sfilandosi gli occhiali: “Allora, presidente, cominciamo?”

Un brivido di piacere riesce a risvegliare la pasta molle, che fatica a prendere una forma solida.

“N-n-n-non smettere di chiamarmi così…”
“Oh presidente, lo so che le piace…”

Il segretario si sbottona i polsini della camicia e afferra un telecomando, preme un pulsante rosso e si accascia sullo schienale mentre sente le labbra di lei provare a rianimarlo sulle note di Va, Pensiero.

 

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Clicca qua per il prossimo capitolo: Disastro!

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Rorschach

Studente di ingegneria, lettore di fumetti, bassista occasionale, amministratore e scrittore sconclusionato.
Non credo nelle descrizioni da blogger e quello che leggo su internet, non dovreste farlo neanche voi. Forse. Chissà. Meh. Fanculo.

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