ESPERIMENTI LETTERARI Storie

Lei

Scritto da Void

Oggi l’ho incontrata di nuovo, dopo tanto tempo.
Ora, non sto a raccontarvi in dettaglio dove eravamo, com’è che siamo finiti da soli nello stesso posto e nello stesso momento: non è importante. Merito della casualità comunque, come la prima volta.
Se chiudo gli occhi rivedo tutto di nuovo: le poche luci rimaste dopo la mezzanotte, il cielo nuvoloso e veramente poco romantico, il legno scritto e segnato della panchina. Niente colonna sonora, niente tramonto: la vita reale è deludente in quanto a scenografia. Nessuno ci fa mai caso, per fortuna.
Sento ancora il suo braccio, intorno alla mia schiena, e il ronzio dei pensieri che sovraccaricano il cervello, che non elabora la situazione in cui si trova. Come la prima volta.
Di nuovo, c’è quella conversazione distratta che non interessa a nessuno dei due, un banale pretesto per restare lì, e vedere se l’altro resta. Il metodo collaudato per mostrare e nascondere al tempo stesso le proprie intenzioni. Cerco di sondare il terreno, restare prudente, calcolare, considerare, prevedere. Molto più complesso di una partita di scacchi. Poi a un certo punto lascio perdere, le mie speculazioni da stratega non hanno mai funzionato con lei. Con lei è sempre stato un salto nel vuoto.
Alzo gli occhi e la guardo, lei mi sorride.
Il cervello esce dal tilt, la confusione scompare. Basta calcoli. È un sorriso che significa “sono dove devo essere, di nuovo”. Entrambi abbiamo ritrovato il nostro punto fermo, dopo troppo tempo passato a brancolare nel buio, e non posso fare a meno di sorridere anch’io.
Quand’è stata l’ultima volta in cui mi sono sentito così? Credo di saperlo.
Rimango immobile, guardando nel vuoto, e pensando. Mi chiedo se davvero il caso mi stia concedendo un’altra possibilità. La guardo di nuovo. Non può essere che così.
Poi lei tenta di baciarmi, ma io stavolta la fermo: mi ero ripromesso di farlo. Mi ero ripromesso di pensarci bene prima di sprecare questa opportunità di nuovo, o meglio, di esaurirla troppo velocemente. Come l’altra volta.
Certo che, però, sembra tutto così semplice e chiaro. Siamo entrambi al nostro posto, non c’è niente che può andare storto. Perché porsi problemi?
Però ormai ho preso la mia risoluzione, e gliela spiego. Lei si mette a ridere, come fa sempre quando mi comporto più da computer che da essere umano. È sorpresa, ma capisce.
Quando lei si incammina per tornare a casa, ha il sorriso sulle labbra. E io penso che ora inizierà tutto, di nuovo. Ci saranno di nuovo quei giorni di stupenda e terribile tensione che precedono la prima volta in cui ci daremo appuntamento. Le mezz’ore passate a pensare la parola giusta per iniziare il più semplice dei messaggi. Poi ci conosceremo di nuovo, cambiati, da allora. Io sempre più cinico e ordinato, lei forse un po’ più razionale, o forse ancora più sognatrice. Però questa volta farò attenzione, non lascerò che tutto vada in rotoli.
E poi ripenso a quello che ho appena vissuto, troppo irreale per essere veramente successo. Da quanto ci ignoriamo dopo un ciao di convenienza, le rare volte che ci capita di incontrarci? Abbiamo davvero avuto il coraggio di parlarci di nuovo? È strano. Inverosimile. No, ancora peggio, è impossibile.
Ma ormai ho familiarità con queste cose – quelle impossibili. Mi succedono spesso quando sogno, e ora sto sognando, è chiaro. Solo che me ne sono reso conto troppo tardi. Non è rabbia quella che sto provando, la rabbia impotente che ti prende al risveglio di un sogno troppo bello, e che svanisce in fretta con il ricordo di esso. E poi, ancora non mi sono svegliato. È desiderio, semplice e incontenibile, di essere con lei, finchè posso, anche in questo universo instabile e dalla vita breve. Posso essere con lei ancora per quei pochi minuti che mi separano dalla fine del ciclo REM, perché questa volta non ci daremo appuntamento a venerdì.
Inizio a correre per la strada deserta.

 

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"Fatti non foste a viver come bruti."
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