NERD STUFF SOCIAL & ATTUALITÀ

Neuromiti: usiamo solo il 20% del cervello?

Scritto da Meeva

Ammettetelo: anche voi, almeno una volta nella vita, siete rimasti a bocca aperta a fantasticare sull’idea (ampiamente discussa in letteratura e cinema) che il vostro cervello sia una specie di risorsa illimitata e che non lo stiate sfruttando del tutto, anzi quasi per nulla.

Esatto, mi sto riferendo al famoso “stiamo usando solo il 20% delle nostre potenzialità”, che, in alcuni casi, diventa addirittura “solo il 10%”. Vorrei lasciare la vostra fantasia a crogiolarsi mollemente in questa idea, idea che, fra l’altro, si rileva potenzialmente utile in situazioni limite come il giustificare la bocciatura a un esame: sai, è che non ho usato anche l’altro 80% del cervello, prossima volta rimedio.

Ma torniamo a noi. Il punto è che questo è solo uno dei tanti (troppi) neuromiti che circolano liberamente sul web e non solo. Cosa sono i neuromiti? Si tratta di leggende metropolitane, dall’origine spesso poco chiara, che riguardano tutto ciò che ruota intorno a cervello, mente e sistema nervoso. Il termine è stato coniato dal neurochirurgo Alan Crockard nel 1980, non a caso proprio nel periodo in cui le Neuroscienze cominciavano a prendere piede anche fra il grande pubblico. In particolar modo, per rintracciare le radici della leggenda sull’uso solo parziale delle potenzialità cerebrali bisogna risalire a fine Ottocento, quando i primi studi di neurologia sul sistema nervoso centrale misero in evidenza il fatto che abbiamo sì un sacco di neuroni, ma anche altrettante (se non di più) cellule gliali.

Momento SuperQuark: e cosa sarebbero queste cellule gliali? Sono popolazioni di cellule, di varia forma e composizione, con funzione di sostegno, nutrimento e isolamento dei neuroni stessi. Insomma, se i neuroni sono i frontman del sistema nervoso, le cellule gliali sono i manager (o i bassisti, vedetela come più vi pare).

Davanti a queste scoperte, una certa corrente pseudoscientifica ha cominciato a ipotizzare che forse il reale potenziale del nostro cervello è inespresso e che esistano aree male o poco utilizzate. Se fino a questo punto il discorso poteva ancora essere dotato di senso, il tutto è sfuggito di mano quando si è iniziato a credere che le eventuali aree non utilizzate siano sede di proprietà che ci renderebbero, di fatto, simili ai supereroi della Marvel: telecinesi, teletrasporto, lettura del pensiero e altre varie ed eventuali.

No, mie care giovani marmotte: non è così. Davvero, mi spiace deludervi, ma dobbiamo rassegnarci al fatto che usiamo suppergiù tutte le nostre potenzialità cerebrali biologiche e che con i mezzi attualmente a disposizione possiamo scordarci la telecinesi spontanea.

Qualche prova? In ordine sparso possiamo sostenere quanto segue:

  1. Se davvero usassimo solo un decimo del nostro potenziale cerebrale allora non si spiegherebbero i casi di perdita di funzioni cognitive in seguito a lesioni cerebrali (ad esempio, la perdita del linguaggio dopo lesione del lobo sinistro);
  2. Non avrebbe senso essere dotati di un organo complesso come il cervello, che oltretutto consuma la maggioranza delle scorte di ossigeno richieste dal nostro organismo se poi ne usassimo davvero una così piccola parte;
  3. L’atrofia neurale tipica di malattie degenerative come l’Alzheimer non avrebbe quasi impatto sulla funzionalità cerebrale, ipotesi ampiamente contraddetta dai fatti;
  4. Gli studi metabolici con tecniche come la PET (tomografia ad emissione di positroni) hanno dimostrato che il cervello è sempre attivo a livello generale, anche quando si chiede alle persone di svolgere compiti ben precisi, come la lettura a voce alta di parole senza senso.

Potrei andare avanti per ore, ma mi fermo qui. Credo di aver già fatto abbastanza per infrangere i sogni di molti. In fin dei conti è comprensibile che un neuromito del genere abbia preso piede con tale facilità: a chi non piacerebbe sapere con assoluta certezza di avere potenzialità biologiche inespresse?

In fondo, l’origine di queste ed altre leggende sta in un piccolo, ma imprescindibile, dettaglio: la fragilità umana e la voglia di sentirsi sempre un po’ speciali.

 

Per approfondire:

Legrenzi P. e Umiltà C. Neuro-mania il cervello non spiega chi siamo, Ed. Il. Mulino, Bologna 2009.

Howard-Jones PA. Neuroscience and education: myths and messages. Nature Reviews Neuroscience, published online 15 October 2014.

——————————

Questo articolo ti è piaciuto? Condividi, lascia un like o un commento!
A te non costa niente, per noi è un feedback importante!
Seguici anche sulla nostra pagina facebook QUA!

Comments

comments

About the author

Meeva

Laureanda in Neuroscienze, tanguera a tempo perso, blogger con un po' di esperienza. Scrivo fin dalla più tenera età e cerco di farlo decentemente. Mille progetti e sempre poco tempo.
Cerco di conciliare scienza e scrittura, con risultati che... beh, giudicherete voi.

Leave a Comment