Cronache di uno Studente Fuori Sede ESPERIMENTI LETTERARI

Cronache di uno Studente Fuori Sede. Capitolo 7: Il confine superato

Scritto da Rorschach

“Cronache di uno studente fuorisede” è, fra le altre cose, un esperimento narrativo. La scrittura non è lineare, le frasi sottolineate indicano i pensieri che mi son balenati in testa, quelle in grassetto sono relative alla mia parte razionale e quelle in corsivo alla mia parte emotiva. Il risultato potrebbe sembrare strano e un po’ schizofrenico. Beh, lo è.
Se non hai mai letto queste Cronache inizia qua, se invece ti sei perso la Saga di Daniela inizia da qua.

Il nostro Anon è ormai a Padova già da un po’ e, dopo aver sconfitto la sua precedente coinquilina in una fredda battaglia psicologica, decide di togliersi delle piccole soddisfazioni, tra cui qualche rissa in notti di studentesco ordinario delirio.
Tuttavia la vita continua, le vecchie coinquiline sono andate via e questo ha portato a più conseguenze del previsto: rischio lo sfratto.

Tuttavia c’è sempre una via d’uscita.

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Capitolo 7: Il confine superato

 

Mi guardo alle spalle prima di chiudere la porta dietro di me: la casa è ancora un disastro, così come l’aveva vista Maria, Simba e la rossa di quella mattinata.
Ho studiato tutto il pomeriggio e l’ultima cosa che voglio fare è mettermi a far pulizie adesso.

Ti ricordo che domattina alle dieci torna il pastore tedesco con un’altra persona per veder casa.”
Lo so, lo so, inventerò qualcosa.”

Prendo la bicicletta e vado al Portello, appuntamento con Nicola, collega universitario, per uno spritz con alcuni suoi amici. Pedalo veloce sull’asfalto raggiungendo velocemente il ponte e superandolo.
Gli altri sono già ai TreGradini seduti ad un tavolino all’esterno. Li raggiungo.

“Ehilà ciao ragazzi.”
Nicola: “Ciao Anon!”
Gianluca: “Ciao Vecchio! Come va?”
“Non c’è male dai. Domani mi cacciano di casa, ma a parte questo è tutto okay.”
Carlo: “Come mai?

Glielo spiego e rimangono a ridere per una mezzora buona.

G: “Insomma hai fatto il subumano ieri sera eh?”
Io: “Ahimè, non è qualcosa che mi piace fare.”
N: “Sì sì sì… Dicono tutti così.”
Io: “Dai Nicola mi conosci… Tutti sti coglioni mi stanno sul cazzo. Vai a chiamarti “bomber” con gli amici in Texas, magari ti prendono sul serio e ti aprono il culo a colpi di calibro nove.”
N: “L’hai detto, vecchio.”
C: “E in quanto a ragazze?”
Io: “Ce n’erano. E anche parecchie.”
C: “E com’erano?”

Sguardi ci raggiungono dagli altri tavolini mentre orecchie si sporgono verso di noi.

Io: “Come vuoi che siano le ragazze in discoteca?”
Gianluca alza un sopracciglio: “Fighe?”
Io: “E più trash dei ragazzi…”
N: “Alè.”
G: “Non mi meraviglio. Si può quasi dire che il subumanesimo sia colpa loro: l’offerta si adegua alla domanda.”
C: “Di ‘sto passo non troverò mai nessuna.”
Nicola giocherella con l’accendino: “Vabè, dipende da cosa cerchi.”
Carlo si infila un’oliva in bocca: “Per ora un’avventura. Una ragazza con cui stare tranquillamente, senza per forza impegnarmi in modo serio. Non troppo almeno.”
Sorseggio il mio spritz afferrando la cannuccia nera fra le labbra: “Bene. Allora se vuoi ti posso dire qualcosa che ho scoperto a proposito da quando son qua a Padova.”
Nicola mi guarda curioso e Carlo sfila una Merit dal pacchetto: “Dai, sentiamo.”

Un gruppo di ragazzi parla più silenziosamente, qualcuno sembra si sia interrotto per ascoltarci.

“Beh il trucco è questo: devi esser frocio.”

La cameriera qualche passo più distante si volta e mi fissa. Il vassoio ancora sollevato con qualche spritz e salatino traballa.

N: “Che…?”
Io: “Esatto: frocio.”
G: “AHAHAAHAH! Anon, ma si può sapere che cazzo stai dicendo?”

really

Sospiro, afferro il tabacco dalla tasca posteriore dei jeans. Sfilo una cartina e pizzico un pezzettino di tabacco iniziando a rullare una sigaretta.

Io: “Allora ragazzi, mettiamola in questo modo: scopare le ragazze è da froci.”
N: “…”
C: “…”
G: “…”
Posso sentire il rumore di culi omofobi che si stringono.

Io: “Un momento, mi avete frainteso. Quello che voglio dire è che i froci scopano tante ragazze, molte di più di un ragazzo normale. Posso dimostrarvelo: scopare è da froci.”
G: “Continuo a non seguirti.”
N: “Eh no Gianlù, aspetta. Adesso ‘sta dimostrazione del cazzo voglio proprio sentirla.”

Infilo un filtro alla fine della sigaretta e la chiudo con una leccata veloce strappando via la carta in eccesso.

Io: “E va bene, se proprio insisti…”

Il gruppo a fianco a noi si è definitivamente zittito, tre ragazze appoggiate alla ringhiera iniziano a fissarci e la cameriera resta lì in piedi dandoci le spalle, ascoltando il silenzio.

Io: “Affrontiamo il problema in modo schematico… Partiamo dalle definizione, dalle basi: cos’è per te un frocio?”
N: “Beh un omosessuale, come diavolo vuoi chiamarlo…?”
Io: “Ecco, allora, attenzione. È proprio qua il punto. È QUESTO.”

Incrocio le dita sul tavolino. “‘Frocio’ è una parola dispregiativa che è sempre stata usata per gli omosessuali ed etichettava, in particolar modo, quegli omosessuali con atteggiamenti più ridicoli, ostentati, privi di dignità, da un certo punto di vista… Giusto?”
N: “Sì.”
Io: “Quindi possiamo definire come ‘frocio’ un ragazzo ridicolo, senza dignità e rispetto per se stesso e il decoro comune. Una persona che in un contesto sociale normale ti farebbe schifo o che comunque non apprezzeresti. Mi segui?”
N: “Credo di si.”
Infilo la sigaretta fra le labbra e la accendo con soddisfazione. “Beh è esattamente questo il punto. Se questa definizione è corretta, e lo è, ecco che il 98% dei froci sono eterosessuali. E quei poveracci degli omosessuali si sono dovuti tenere un epiteto che con loro ormai non c’entra più un cazzo. Il vero frocio è eterosessuale, lo è sempre stato.”

Attorno a noi si distende un alone di religioso silenzio. Qualche ragazzo si gratta nervosamente il petto e incrocia le gambe sotto il tavolo.

oh gosh

G: “Si, vabè… Ma quella frase di prima continua a non aver senso.”
Io: “Oh si che ce l’ha. Prendiamo le foto dell’Octopus di ieri sera ad esempio.”
Vedo che si sporgono sul tavolino verso lo schermo del mio smartphone. Entro su Facebook e nel giro di qualche secondo trovo l’album che mi interessa.
Io: “Toh, ecco una foto a caso. Guarda questo: maglia gialla aderente a V, petto depilato, indossa occhiali da sole e cappellino con visiera in una discoteca al buio. È abbracciato a due ragazze.”
Nicola si appoggia alla sedia e inizia a ridere: “Cazzo se è vero!!”
Carlo e Gianluca sollevano lo sguardo dallo schermo fissandosi con stupore.
Io: “Ragazzi guardatelo bene. Più frocio di lui si muore”
C: “Eppure…”
Io: “Già. Quel tizio stanotte ha scopato. Ci puoi giocare tutto quello che vuoi. E guardiamo quest’altro: capelli rasati ai lati che neanche un naziskin e sopra ha un ciuffo di venti centimetri che parte a ramengo. Dimmi se non ti sembra un totale ritardato. Se Darwin fosse stato lì lo avrebbe preso a calci nei coglioni.”Billy-Bibbit-one-flew-over-the-cuckoo-E2-80-99s-nest-12280085-320-240
G: “Vabè ma uno mica deve essere decoroso per forza in discoteca eh. Cioè si sa che è un ambiente di degrado…”
Io: “Guarda che non sto parlando di bigottismo o degrado. Te puoi fare un bukkake su tua zia in coma in letto d’ospedale e a me fregherebbe nulla. Al massimo ci faccio un video da mettere su 4chan, non è quello il punto. Il punto è che ci son discoteche in giro per tutto il fottuto mondo dove i ragazzi si vestono normalmente e conquistano le ragazze a colpi di dialogo, cocktail e savoirfaire. Dico solo che mi sto trovando in situazioni dove devi per forza degradarti come un bonobo sotto anfetamina, vestirti da imbecille e avere un taglio di capelli da “Qualcuno volò sul nido del Cuculo” per poter anche solo essere preso in considerazione. Non è questione di bigottismo. È questione che i froci, SOLO i froci, rimorchiano come animali e tutto questo non ha senso.”
C: “Bah, non ne sono così sicuro.”
Io: “Ah no?”

Gli porgo il telefono e gli mostro la foto di cinque ragazzi abbracciati in discoteca mentre il flash li abbaglia. Facce paonazze e sconvolte mostrano sguardi allucinati e pupille dilatate. Bocche spalancate in urli congelati e magliette aderenti scollate sono niente al confronto di ciò che si deduce da un’analisi più attenta: sopracciglia spuntate, petto depilato e abbronzatura da lampada UV.

Io: “Mettiti bene in testa che ‘sti cinque ieri hanno avuto una ragazza.”
C: “No.”
Io: “Oh si.”
G: “Non ci voglio credere.”
Io: “Credici.”
G: “…”
Nicola continua a sogghignare divertito, ormai è tutto chiaro.

Qualcuno dagli altri tavoli bisbiglia qualcosa indicandoci. Si sentono mormorii silenziosi.

Io: “Vedi, è questo il punto. Scopare tanto ormai è diventata una roba da froci. Sei disposto ad andare dal barbiere una volta ogni due settimane a farti tirar su acconciature del genere? Sei disposto a gridare “Bomber” e frasi senza un soggetto o complemento oggetto in giro? Sei disposto a fumare ogni genere di merda “perché sì”? Sei disposto a stare con una ragazza soltanto per una sera rimuovendo ogni briciolo di umanità e contatto emotivo? Sei disposto, oltre che a fare questo… A FARTELO PIACERE?”
C: “Beh, no.”
Io: “E allora dì pure addio alla tua avventura serale o storiella settimanale o mensile.”
G: “E se volessi una storia seria?”
Io: “E mi sa che t’attacchi al cazzo, o ti becchi un cefalo o nada.”

Attorno a noi c’è solo silenzio. Persino qualche passante si è fermato e qualche ragazzo in bici si avvicina incuriosito. Un ragazzo ad un tavolino a fianco al nostro si appoggia allo schienale con un braccio e si volta guardandomi: “E tu che ne sai?”
Nicola, Gianluca e Carlo si girano meravigliati. Non se ne erano accorti, ma siamo al centro dell’attenzione da almeno un dieci minuti.
Espiro una nuvola di fumo verso l’alto, ci penso un po’ su e gli chiedo: “Sei mai stato a Cracovia?”
Scuote leggermente la testa.
Io: “Beh, un mio amico è lì in Erasmus e sono andato a trovarlo. Per fartela breve: ho visto la più alta concentrazione di ragazze che mi sia mai capitato di vedere in vita mia. E vuoi sapere un’altra cosa? Erano bellissime.”
Lo fisso negli occhi: “BEL-LIS-SI-ME.”
Ispiro lentamente tenendo il filtro fra i denti, sento l’attesa che consuma l’atmosfera. Continuo.
Io: “Una sera abbiamo conosciuto tre ragazze e siamo stati con loro per tutta la notte. Ci hanno presentato delle loro amiche e, nel giro di un quarto d’ora, mi son trovato circondato da modelle. L’equivalente italiano ti guarda con sguardo da sufficienza e ti schifa se ti metti a parlare di film, serie tv o qualcosa di più sofisticato dell’argomento “livello d’alcool nel bicchiere”. Abbiamo ballato, ma abbiamo parlato, abbiamo parlato molto. Una di loro gioca a Pokémon su GameBoy, credo stessi per chiederle di sposarmi. Insomma sono ragazze alla mano, gentili, dolci e, porca puttana, sono uno schianto, ma non hanno la presunzione delle zoccolette di qua. Ma non voglio parlare di questo… Quanto di quello che è successo all’arrivo dei Bomber.”

Il ragazzo afferra la sedia, la solleva e la gira direttamente verso di me. “Sto ascoltando.”
La barista poggia il vassoio su un tavolino e si accende una sigaretta.
Due ragazze sorseggiano uno spritz e si appoggiano allo schienale della sedia.
Assaporo egoisticamente il momento e lascio passare qualche secondo.

Io: “Una sera eravamo con degli amici e questo gruppo di ragazze. Queste quindici modelle, okay? Sto parlando di una proporzione del tipo quattro ragazzi con quindici ragazze, mi segui? Insomma dopo un po’ vediamo due casinisti che si avvicinano. Hanno due drink in mano, braccia muscolose, gambette sottili da perfetto palestrato che pensa solo ai bicipiti, pelle abbronzata e occhiali da sole. Erano italiani e, manco a dirlo, erano dei BOMBER. O almeno è così che si chiamavano fra loro… Si avvicinano con fare splendido e iniziano a provarci con le nostre amiche che, per tutta risposta li schifano. Ma li schifano davvero eh. Non ti sto parlando di poche parole. No, no, non gli hanno neanche risposto. Mai vista una scena del genere. Insomma inizio a ridere con il mio amico e loro capiscono che siamo italiani. Si avvicinano e iniziano a fare gli amiconi: “Oh fra!! Bella! Ah-Ah! Fa freddo eh!! Quanta figa eh?!? Ah-Ah! Ne avete parecchia vero?!?”. Non li consideriamo più di tanto, ma la loro pena ci raggiunge dopo due secondi: “Oh fra, per favore, qua sono tutte fredde. Mamma mia! Ah-ah! Nessuna che vuole parlare. Dai oh, voi siete pieni di ragazze, fateci conoscere qualcuna…”.”

Do un sorso allo spritz e riprendo a parlare: “Non riuscivamo a crederci: LORO! Hai presente i classici figoni che vedi in discoteca?!? Loro che qua prendono per il culo chiunque non esca perché deve studiare, che fanno i merdoni con le ragazze, che non conoscono il significato della sobrietà e della dignità… LORO che chiedevano aiuto a NOI?!? L’illuminazione ci raggiunse dopo poco… In sostanza, quello che in Italia è “Il Bomber” che riesce a concludere e passa per chissà quale motivo per una persona attraente, fuori diventa il peggiore degli sfigati. Il fallimento fatto a persona. L’imbarazzante, volgare e completa italianità che, senza questo nostro patetico schema mentale che la nasconde, si manifesta per quello che è: becera idiozia. Ecco perché la ragazza italiana che se la tira, che ti guarda sollevando un sopracciglio ancora prima di averti parlato, che lancia frecciate e che fa la vamp per poi far la gatta morta con il primo imbecille che crede carismatico la sfanculo in due secondi. Non è nessuno. Non ti voglio. Beccati il tuo ritardato e vivi felice.”
A quel punto il ragazzo mi fa: “Beh, ma mica è una questione di italianità. Credi che nel resto del mondo funzioni forse diversamente?”
Io: “Assolutamente no, non è questione di geografia. Anche in America, Spagna e Francia la teoria del frocio è verificata alla grande, ed è proprio nei paesi più ignoranti dove diventa palese. O almeno questo è quello che ho potuto notare io. Te la sentiresti davvero di dire che il bomberismo italiano è alle stesse percentuali di quello svedese? Che il tamarro sciupafemmine coatto romano è sofisticato come un tombeur de femme di Copenaghen?”

Il gelo si poggia su tutti noi come una coperta di pile.
Sorseggio un altro po’ il mio spritz assaporando il silenzioso brivido di presa di coscienza dei presenti. Alcuni ragazzi si guardano interdetti e alcune ragazze hanno lo sguardo basso.

smoking

Carlo decide di rompere il silenzio: “Bah… A me sta roba non piace per niente. Che merda…”
Appoggio le spalle allo schienale della sedia. “Oh, invece no. Io lo adoro.”
Nicola smette di ridacchiare e alza un sopracciglio guardandomi stupito.
N: “Ma come? Lo adori? Ma se hai appena detto che scopare è da froci!”
Io: “Diciamo che ho imparato a farmelo piacere. Hai idea di quanto sarebbe difficile per uno con la mia totale incapacità sociale approcciare una ragazza in modo normale in discoteca? Di che dovrei parlare? Di quello che studio? Di quello che suono, di quello che scrivo? No, meglio proprio di no. Per non parlare della mia freddezza, del mio cinismo, della mia capacità di fare sempre gaffe e del fatto che di tanto in tanto sento delle voci in testa che mi parlano sussurrandomi cose strane.”
N: “Ahahahahaha! Ma smettila!!”

Si, si… Ridete pure…
Che vuoi che sia un disturbo di personalità multipla?
Sssshh! Fatemi finire il discorso.

Io: “Quello che voglio dire è che, invece, in questo modo è tutto molto più semplice. Vai a ballare, ti ubriachi, ti diverti e poi *PUF* trovi un culetto che ti ondeggia sul cazzo. Semplice no? Certo, poi torni a casa con quella sensazione di avere un vuoto interiore ancora più grande di quello che avevi quando sei uscito, ma che vuoi farci? Il buco che hai dentro si allarga, dovrai fare pur qualcosa per riempirlo, no?”

Inspiro profondamente tabacco sotto ossidoriduzione, me lo inietto in corpo e mi avveleno dolcemente.

giphy

“Si deve far così, o mi sbaglio?
Hai le palle più vuote e sei felice per questo, magari dentro sei più consumato, come la carta di questa sigaretta, e hai quella sensazione di non ricordarti l’odore dei suoi capelli, il colore dei suoi occhi, la morbidezza della sua pelle e tutte quelle piccole cose di cui ti nutriresti normalmente.
Eppure va bene. Va bene così, va benissimo. Perché in questo fantastico contesto patavino è comunque più di quello che mi sarebbe capitato se non mi fossi comportato in quel modo.”

Il mio sguardo si fa più distante, perso nei riflessi rossastri dello spritz. Il tono di voce si fa più silenzioso e greve.

“Sei solo sempre un po’ più deluso dal genere umano e dal fatto che in quello schifo ci sei anche tu.
E magari ti senti così tanto in colpa che vorresti vomitarti addosso. E lo fai.”
C: “…”
N: “Che diavolo ti prende?”
Io: “…Andiamo, è la crisi d’identità dei ventenni. Io la affronto in questo modo, parlandone e sputandomi tutto questo addosso. Ma se preferisci potrei far finta di non essere un depresso cronico e iniziare a drogarmi e spaccarmi di after come tutti.”
C: “Credevo stessimo parlando di ragazze.”
Io: “Beh, se dovessi aspettare davvero di trovarne una che sappia prendermi, prendermi davvero, allora ciao. Le statistiche adesso sono zero in ventiquattro anni, magari qualche sbandata, una un po’ più seria delle altre, ma niente di più. Mi hanno solo lasciato più amarezza di quel che avevo prima, dandomi l’assaggio dell’amore per poi sottrarmelo giusto il secondo dopo. Diciamo che no, non va proprio bene.”
G: “…Cazzo Anon io volevo solo farmi uno spritz stasera, non andare in depressione.”
Io: “Gianlù, ma quanti anni hai?”
G: “…Ventiquattro”
Io: “Allora ci sei già in depressione. Se fossimo tutti in pace con noi stessi non saremmo neanche usciti di casa stasera.”
G: “…”
C: “…”
N: “…”
Io: “…Che? Ho detto qualcosa di male?”

 

 ——-

Mi allontano dalla piazza pedalando sulla mia bicicletta.

Poi non chiederti perché siamo senza amici.”
Ogni volta riesci sempre a mandare tutto a puttane.”
Che cazzo, sei passato dal farti uno spritz a tutta una fottuta patetica pantomima sulla depressione giovanile di ‘sta minchia. Ma starti buono no, eh?
Avevo bisogno di sfogarmi.”
Ma sfogarti cosa? Che in questa merda ci sguazzi come un’anguilla?!?
Vabè.
Vabè un paio di palle.”
Ragazzi dobbiamo pulire casa…
Che se stasera non bestemmio guarda…

Pedalo sulla strada che costeggia il Piovego, la notte è silenziosa e alberi alti proiettano ombre nere sull’asfalto. Continuo a litigare con me stesso mentre il vento spazza foglie a raffiche leggere.
Il vagare dei pensieri viene interrotto da una voce poco distante da me:

“Hey tu, ammore?”

Freno di scatto.

“C-c-come?”

Mi volto e ruoto la testa dietro di me scrutando fra gli alberi: non vedo nessuno.

Ah! Bene! Dopo cenni di schizofrenia, crisi d’identità, depressione e attacchi di maniacale cattiveria ecco che arrivano anche le allucinazioni…
Ma perché? Perché tutte a noi?
Siamo l’esperimento fallito di Dio.
Il suo scherzo.
Il suo diletto.
Il suo Mediaset Premium.

Un rumore di tacchi che strofinano contro la ghiaia inizia a farsi sentire. Socchiudo gli occhi meglio e la vedo: si sta avvicinando una ragazza mora. Ha una borsetta in pelle e un giubbotto leggero.

“Vieni qua ammore.”
Ruoto la testa dietro di me, poi la guardo indicandomi.
“Ma dici a me?”
“Ma certo ammore, dai, forsa.”
Smonto dalla bicicletta e mi avvicino.
“Ma che, ci conosciamo?”
“Oh non ancora ammore, oppure forsa si. Non ricorda ammore.”

Ma che diavolo vuole?
È una prostituta, imbecille.
Aaaaahh!!

“Beh forza dai, dimmi: quanto vuoi?”
“Venti bocca, cinguanda tutto, ammore.”
“No aspetta. Da dove vengo io c’è “Romina Sbrodolina” che te lo fa a cinque, non puoi chiedermi così tanto per uno slabbrino, dai.”
“Ma essere brava io eh…”
“E perché una che di soprannome fa Sbrodolina secondo te non lo è? Dai facciamo sette e passa la paura.”
“Diesci bocca e trenta tutto ammore.”

Bene, finalmente siamo scesi a prezzi di mercato.”

“Mh, adesso la promozione del “tutto” inizia a farsi interessante… Ma è ancora un po’ cara.”
“Meno di trenta non posso fare, ammore.”

Resto lì in silenzio avvicinandomi un po’.

“Cosa intendi per tutto?”
“Tutto tutto ammore… Sono molto brava a fare tutto…”
“Intendi… Proprio tutto?”
Mi fissa con i suoi occhi verdissimi.
“Oh si si. Tutto tutto.”

aw yis

Secondo me potrebbe andar bene.
E sia.”
Dovremmo risparmiare per altro la prossima settimana.
Trenta euro sono un bel po’ ma è per una giusta causa…
Ma perché non facciamo tutto da noi scusate?
Sei sempre un guastafeste tu, eh?

“Facciamo quindici e passa la paura, dai.”
“Non potere sotto i venticinque ammore.”
“Dai, su. Ti giuro che me so’ lavato!”
Si mordicchia un labbro pensandoci su. “Eh va bene. Ma vendi è il minimo.”
“BENE!! Dai, salta su.”
“Abiti lontano, ammore?”
“No, no, vedrai.”
“Ma poi mi riporta qua. Tu lo sa, vero?”
“Ah si?”
“Certo, ammore.”
“Okay, se po fa, monta qua dietro adesso.”

La prostituta si siede sul portapacchi e inizio a pedalare. Prendo ogni strada secondaria possibile e immaginabile, provando ad allungare il tragitto il più possibile imboccando vie laterali, ritornando indietro e arrivando a casa nel modo più complicato possibile. Non voglio che sappia dove abito.

“Ma dove siamo ammore?”
“Vedrai, siamo quasi arrivati.”
“Abiti lontano eh, ammore.”

Una volta arrivati a casa apro il cancello e metto la bicicletta in garage. Iniziamo a salire le scale fino ad arrivare davanti al portone d’ingresso.
Ruoto la chiave ed entriamo in casa.

Accendo le luci e la prostituta entra togliendosi la giacca. Non fa neanche un passo che inizia a guardarsi intorno: il pavimento è ricoperto di bottiglie, polveri di vario genere, mutande, biscotti, pantaloni, scarpe e chissà cos’altro. Fa un passo dopo l’altro quasi in modo reverenziale, in punta di piedi.

Si guarda da sinistra verso destra osservando una casa prossima ad un’esplosione entropica. La testa ruota in una lenta panoramica che scannerizza cucina, corridoio, salone, camera da letto, bagno e, per finire, me.

Ho in mano l’aspirapolvere e degli strofinacci.

“Venti euro per tutto quello che voglio, eh?”
Faccio un cenno con la testa allo schifo che ci circonda: “Beh, muoviti.”

ohboy

 

Epilogo:

Abbiamo pulito casa per almeno due ore, dalle undici all’una, andando a buttare di volta in volta sacchi di immondizia, decine di bottiglie, cartoni per la pizza e un intero sacchetto dell’aspirapolvere.
Ha pulito i vetri della casa mentre io lavavo i fornelli.
Di tanto in tanto si lamentava per quanto tutto quello fosse assurdo, altre volte scoppiava a ridere.
Ho fatto una lavatrice mentre lavavamo altre cose a mano.

“Dai, puoi anche smettere di fingere adesso. Di dove sei veramente?”
“Beh, di Vicenza.”
“E come ti chiami?”
“Cristina.”
Scuoto la tovaglia sul balcone lasciando volare giù polvere e briciole.
“E perché fai finta di essere straniera, Cristina?”
“Loro lavorano di più e… Beh, ho bisogno di soldi…”
“Mmmhh…”

Dopo aver pulito i pensili, scaffali, scarpiera, vetri, tavoli e credenze abbiamo lavato a terra. Se non le avessi dato una mano con grande probabilità non avrebbe fatto nulla o ci avrebbe messo il quadruplo del tempo.

Inizio a lavare la catasta di piatti mentre lei si riposa accendendosi una sigaretta: “Hai famiglia?”
Sospira chiudendo gli occhi: “Questa è una domanda che fa male. Passo.”
“Okay. Beh, fai altro a parte…?”
“A parte dare via il culo dici?”
“Non volevo metterla proprio in questi termini… Però si.”
Espira una nuvola di fumo: “Beh, tempo fa mi piaceva leggere e andare a danza. Ma a quale bambina non piace?”
“E poi che è successo?”
Mi guarda sconsolata: “Non so se mi va di parlarne… È una lunga storia.”

Le indico il salone e il corridoio: “E io ho tanto tempo.”

La serata continua, parliamo molto.

Epilogo dell’epilogo.

Dopo aver pulito casa e averla ascoltata l’ho riaccompagnata proprio dove l’avevo presa.

Smonta dalla bicicletta e mi guarda sorridendo, stringendosi la borsetta al fianco.

“Beh eccoci qua allora. Eccoti i venti, ti stavi quasi dimenticando di chiedermeli.”
Mi guarda sorridendomi: “Io beh… Non so davvero che dire. È strano, ma… è stata una bella serata.”
“Oh…” Deglutisco debolmente: “Grazie.”
“Di niente…”
“…”
“…”
Provo a fare una battuta: “E se dovessi aver bisogno di altro…? Che faccio…? Potrei tornare?”
Mi risponde abbozzando un’espressione di pura malinconica tenerezza dandomi un bacio sulla guancia: “No, dopo questa serata credo che ci siamo avvicinati più del necessario. Inoltre sai cose che non direi mai ai miei clienti. Mi dispiace Anon.”
“Si, ma guarda che io stavo solo scherzando…”
Si limita a sorridermi dolcemente con occhi carichi di profonda nostalgia.
“È troppo tardi… per tutto. Buonanotte Anon.”
Le rispondo provando a scrollarmi di dosso la tristezza che mi soffoca: “Buonanotte Cristina.”

Torno a casa in bicicletta ripensando alla giornata che è appena trascorsa.

Abbiamo fatto vedere per la prima volta la casa ad un’ospite ed è stato un disastro.
La padrona di casa stava per cacciarci.
Abbiamo trovato Simba sul nostro divano.
L’abbiamo allontanata in quel modo.
Siamo usciti per uno spritz e ti sei messo a parlare della tua teoria del frocio contornandolo con un attacco di depressione momentanea.”
Abbiamo assoldato una prostituta e abbiamo pulito casa per due ore.
L’abbiamo riaccompagnata e ci ha detto che “ci siamo avvicinati più del necessario”.”
Questo sai cosa significa?
Cosa?
Significa che una prostituta ci ha messo nella friendzone.

Te lo ripeto. UNA PROSTITUTA. CI HA MESSO. NELLA FRIENDZONE.

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Ho decisamente toccato il fondo.

Nella prossima puntata: boh, sono sotto esame e non so se avrò tempo di scrivere.

Nah, alla fine son riuscito a tirar giù comunque qualcosa:

Clicca QUA per il prossimo capitolo: L’Esame.

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Rorschach

Studente di ingegneria, lettore di fumetti, bassista occasionale, amministratore e scrittore sconclusionato.
Non credo nelle descrizioni da blogger e quello che leggo su internet, non dovreste farlo neanche voi. Forse. Chissà. Meh. Fanculo.