Cronache di uno studente fuorisede è, fra le altre cose, un esperimento narrativo. La scrittura non è lineare, le frasi sottolineate indicano i pensieri che mi son balenati in testa, quelle in grassetto sono relative alla mia parte razionale e quelle in corsivo alla mia parte emotiva. Il risultato potrebbe sembrare strano e un po’ schizofrenico. Beh, lo è.
Riassunto: Dopo l’estenuante ricerca di un’abitazione, il nostro Anon trova finalmente un ambiente adatto per sopravvivere (leggi QUI il capitolo 2). Ovviamente è del tutto ignaro di ciò che gli aspetta. Inizia oggi la lunga saga di Daniela…
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CAPITOLO 3 – La saga di Daniela
Parte I – Le pulizie
Mi sveglio verso le 8, vado a darmi una lavata in bagno e osservo con stupore la doccia: indovinate un po’ quale ripiano è il mio?
Dopo essermi lavato vado in cucina e inizio a prepararmi la colazione.
Sono lì, che sorseggio il mio tè nero svogliatamente, quando sento uno strisciare di pantofole di lana che si avvicina. È Daniela.
Appena si affaccia in cucina comincia a parlarmi.
“Buongiorno! Come stai?”
“Non c’è male grazie, giusto un po’ rincoglionito per via del trasloco.”
“Ah beh, è normale. Comunque sono felicissima che sei arrivato tu, la padrona di casa mi ha detto che sai parlare molto bene inglese.”
“Beh, diciamo. L’ho ripreso quest’estate in Irlanda, m’hanno dato un C1, ma non ci do molto valore a dir la verità.”
“Vabè comunque sai parlare inglese un pochetto, no?”
“…Sì dai, mi arrangio.”
“Bene, perché ecco, io no. E dobbiamo fare i turni delle pulizie con le ragazze.”
“Siamo qua da meno di 24h e dobbiamo già fare i turni per le pulizie?”
“Hey, è la nostra prima esperienza da fuorisede, non sappiamo come funzionano queste cose. Assecondiamo.”
“A me già sta sul cazzo.”
“Scusa Daniela… Ma fino ad adesso non le avete fatte? Quanto tempo fa vi siete trasferite?”
“Loro sono qua da un mese e io da tre settimane.”
“Momento momento momento momento… Mi stai dicendo che in un mese nessuno ha lavato nulla?”
“No.”
“Niente?”
“Nulla.”
“Zero, zero?”
“Eh già.”
“…”
Mi risponde sorridendo imbarazzata.
“Okay dai, vammi a chiamare i Tommy e vediamo di fare dei turni…”
“I Tommy?”
“Si, venivano chiamati così gli inglesi dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. È un dispregiativo.”
“…Quindi?”
“Quindi chiamale così ne parliamo.””
“Ma chi?”
“Lo fa apposta?”
“Dal riflesso vitreo degli occhi direi di no. È proprio che non ce la fa.”
“Le inglesi, vammi a chiamare le inglesi.”
“…”
“PAULA E CARYL. PAULA. E. CARYL.”
“AaaAaaAaahh!! Okay!! Sei proprio simpatico!!”
“…”
“Dio ci aiuti.”
“Ci vuole pazienza, ragazzi. Pazienza.”
Dopo qualche minuto ci raggiungono in cucina le due ragazze inglesi, hanno ancora il pigiama e i capelli sono leggermente arruffati. Si siedono anche loro al tavolo della cucina mentre iniziano a fare colazione lanciando occhiatacce velenose a Daniela.
“Ma stavano dormendo?”
“Sì.”
“Ma che cazzo potevi lasciarle dormire no?”
“Ma tu mi avevi detto di andarle a chiamare!”
“Si, ma io credevo fossero sveglie! Se aprendo la porta vedi che è tutto buio mi sembra normale aspettare che si sveglino, no?”
“Beh senti è colpa tua.”
Alzo gli occhi al cielo e inzuppo un biscotto nel tè.
“Bene, allora. Che tipo di turni per le pulizie avevi in mente? Io credo che basti una volta a settimana l’aspirapolvere e dare una lavata a terra. Quindi si tratta di farle una volta al mese a testa. Easy.”
Mi risponde allo sguardo abbassando la mascella in un gesto di stupore aprendo gli occhi come un pesce rosso.
La interrogo: “B-beh tu avevi in mente altro?”
Le ragazze inglesi ci guardano senza capire bene.
Daniela mi guarda spostando la testa da un lato e serrando le labbra in due lame sottili.
Inizia: “Beh si, lascia che ti spieghi quel che avevo in mente. Allora: l’aspirapolvere va passato tutti i giorni per tutta la casa, così come è importante fare la cucina ogni volta dopo i pasti: i fornelli, il ripiano d’acciaio e la cappa aspira-fumo che si opacizza sempre. Inoltre il salone e il corridoio sono pieni di mensole e scaffali che si riempiono di polvere. Vanno prima puliti con uno straccio umido e poi passare il Vetril sui vetri della credenza. Anche il tavolo in salone si impolvera facilmente. Dovremmo pulirlo una volta al giorno per togliere i pelucchi. Per quanto riguarda il pavimento, poi, va lavato. Direi tre o quattro volte a settimana con un detersivo non troppo aggressivo. Meglio lavare spesso che rischiare di rovinare il pavimento. Poi ci sono anche i vetri, quelli della cucina e quelli del salone. Dobbiamo passare il Vetril e pulirli dall’interno e dall’esterno almeno tre volte a settimana. E poi vediamo… Ah gia! Dobbiamo anche spazzare il balcone e fare le ringhiere che si riempiono spesso di ragnatele. Almeno una volta a settimana dai, anche se una lavata a terra pure lì non farebbe male.”
Le ragazze inglesi non hanno capito tutto, ma intuiscono qualcosa vedendo che, durante la discussione, i miei occhi si sgranano e la mia mascella si contrae in uno spasmo silenzioso.
“È tutto?”
“Beh si, direi di si.”
“Allora. Punto numero uno: tu i ragni non me li tocchi.”
“Ma riempiono il balcone di ragnat-”
“NON. ME. LI. TOCCHI. Sono gli animali più belli del mondo. Chiaro?”
“Ma…”
“No.”
“…Vabè ne dovremo parlare.”
“Punto numero due: sei pazza?”
“Perché?”
“Perché? Perché?!? Perché secondo i tuoi piani io avrei fatto questo trasferimento praticamente solo per pulire questa casa.”
“Ma la casa si sporca!”
“Si ma tu vuoi lavare per terra tre volte a settimana!”
“Anche quattro.”
“Cosa?”
“QUATTRO volte a settimana.”
“Questa è una follia.”
Comincia ad indisporsi, incrocia le braccia al petto, accavalla le gambe e si appoggia allo schienale della sedia.
“Posizione difensiva. Mi sa che ne avremo ancora per molto.”
“Evitiamo di fare subito gli stronzi. È la nostra prima esperienza fuori. Non sappiamo come funzioni davvero nelle case per studenti. Magari si fa sempre così.”
“Forse hai ragione.”
“Beh senti facciamo che per ora traduco quello che chiedi alle inglesi e vediamo cosa dicono.”
Inizio a parlarle, mentre Daniela solleva la testa e guarda il soffitto seccata. Paula e Caryl man mano che parlo spalancano gli occhi, abbassano le tazze piene di tè e si sporgono con la testa per essere sicure di star capendo bene quello che stanno sentendo.
“Figuriamoci se delle ragazze inglesi, nate e cresciute in un posto dove non ci si lava neanche il culo dopo aver cagato, sono disposte a fare tutto questo.”
Spiego loro che non dipende da me. È Daniela.
Mi rispondono che questi turni sono senza logica e a dir poco folli. Sono d’accordo. Dobbiamo provare a patteggiare qualcosa.
“Allora Daniela, secondo noi i turni sono un po’ troppo duri.”
Inizia ad alzare la voce: “Duri?!? DURI?!? Ma se la casa non è stata lavata fino ad oggi!!”
“Questo dovrei dirlo io. Avete vissuto per un mese qua senza far niente e proprio ora che vengo io dovete far uscire tutte ‘ste rotture di coglioni?”
Inizia la lite, un lungo, lunghissimo contrattare fra aspirapolveri, detersivi, vetri, balconi, polveri e pulizie nei bagni. Lo snervante risultato, raggiunto dopo un’ora e mezza di tira e molla, è questo:
Un giorno sì e uno no si passa l’aspirapolvere a turno, mentre, nei giorni “vuoti” si butta a turno la spazzatura. Nel weekend chiunque si trovi nel turno dell’aspirapolvere vince il giorno “Special”. Dovrà anche lavare a terra, fare i vetri e spolverare. Per la cucina sono riuscito a vincere l’accordo “chi sporca pulisce” e per i balconi non si fa nulla.
“Tutto sommato non è malaccio. Dovremo passare l’aspirapolvere una volta a settimana e lavare a terra una volta al mese…”
“I turni per la spazzatura non hanno senso. Se è mezza vuota o si riempie prima del previsto?”
“Stai parlando in modo logico. Con lei non attacca.”
I turni son stati fatti, nessuno di noi è soddisfatto, ma almeno è stato raggiunto un compromesso.
Questa situazione snervante si protrarrà ancora per molto e in modo sempre peggiore.
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Clicca qui per la Parte II: Il ciclo
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[Articolo originariamente postato su Cheesusfried.com QUA]